IN PRIMO PIANO

______________________________________

mercoledì 18 febbraio 2009

riportiamo l'intervento di un compagno di Genova indirizzato al quotidiano il manifesto

Sul Manifesto e l'internazionalismo>>

Nel 1995, l'organizzazione armata ETA aveva diffuso un programma tattico> nominato "Alternativa Democratica", adeguamento alla fase della> "Alternativa Tattica KAS". La forma usata per rendere pubblica tale> proposta, fu un video, che il partito di unità popolare Herri Batasuna> (ma pure alcune televisioni di stato europee, prima quella tedesca, in> seguito anche la RAI) diffuse in assemblee pubbliche per consentire al> popolo basco ed a tutte le forze politiche, sociali e sindacali che vi> trovavano spazio, di esprimersi. La reazione dello stato spagnolo fu di> incarcerare l'intera Direzione Nazionale del partito.

Esemplare la> risposta del quotidiano sedicente comunista "Il Manifesto", che continuò> a definire Herri Batasuna un partito terrorista, facendo eco all'allora> responsabile di relazioni internazionali di Rifondazione Comunista, che> esprimendosi sull'appello alla solidarietà lanciato dal partito basco,> disse che non avrebbe fatto ritirare le firme concesse in seno al suo> partito solo per non dare maggiore risalto a quel partito di terroristi.>> Questo non per recriminare, ma al contrario, per rimarcare come il tipo> di atteggiamento denunciato da* compagn* di Euskal Herriaren Lagunak,> sia biologico di (de)formazioni che nulla hanno a che vedere nella> realtà col titolo ideologico di cui si fregiano.>> Ritengo che la fine del secolo scorso e l'inizio di questo, abbiano> ampiamente dimostrato di che pasta sono fatti, dalla partecipazione a> governi antioperai, alle leggi contro gli immigrati, fino, non in ordine> di tempo, al sostegno alle guerre imperialiste. Sarebbe anche l'ora di> lasciare affogare questi soggetti nella loro miseria.>> Più importante invece credo sarebbe riflettere sulla situazione dei tre> popoli, quattro con i lavoratori dello stato italiano, che convocano la> manifestazione di sabato 21 febbraio, e sulla parola d'ordine che la> caratterizza: "Molti popoli, una sola lotta".>> L'occasione da cogliere è importantissima. Tantissimi infatti i problemi> in comune fra questi quattro paesi, senza cadere in tematiche di tipo> umanitario che, per quanto incontestabili, da sole sviano l'attenzione> dalle questioni di maggiore importanza.>> Potremmo iniziare col discorso sulla "democrazia", più precisamente su> quel fenomeno che maggiormente dovrebbe caratterizzarla, le "libere"> elezioni.>>

In Euskal Herria, è ormai fenomeno consueto che le liste della Sinistra> Abertzale vengano interdette, con corollario di arresti di militanti e> aggressioni alle manifestazioni. In occasione della prima di queste> interdizioni, quella di Batasuna, e per retroattività di Herri Batasuna,> un ministro dell'allora governo Aznar disse con chiarezza e senza falsi> pudori, che al di là dello scopo politico di levarsi dai piedi un> partito scomodo, la sua esclusione dalle istituzioni, anche locali,> avrebbe dato via libera a tanti appalti e speculazioni che fino ad> allora avevano bloccato nei comuni in cui erano alla direzione.> Certamente un popolo combattivo, una classe lavoratrice pronta a> rispondere colpo su colpo, da fastidio all'oligarchia spagnola (non> dimentichiamo che una buona parte di essa è composta dalla borghesia> imperialista basca); ma quando si tratta di affari, allora non c'è> ostacolo che tenga.>>
In Palestina, le ultime elezioni sono state vinte dal partito Hamas.> Immediata la reazione di Israele, USA ed Unione Europea, con blocco> delle frontiere, blocco dei finanziamenti, embargo anche peggiore di> quello cui è sottoposta Cuba. Promozione di un colpo di stato per> rimettere in sella il governo amico di Abu Mazen, aggressione e pratica> di sterminio nella Striscia di Gaza, mentre in Cisgiordania prodsegue la> repressione "interna"/esterna dei militanti di organizzazioni scomode,> soprattutto il FPLP. Dietro fra l'altro ci sono le mire sui pozzi di gas> al largo di Gaza.>>
Nello stato turco, non solo le organizzazioni kurde, ma anche i> comunisti della Turchia vengono messi fuorilegge, perseguitati,> aggrediti quanti praticano o sostengono la solidarietà allo sciopero> della fame dei prigionieri politici, le manifestazioni proibite.> Petrolio in Kurdistan? Mah...>>
Nello stato italiano dei Pulcinella, l'Esecutivo nel suo piccolo si leva> di mezzo quelle sacche fastidiose di media e piccola borghesia> "progressista" rappresentata dai partiti della mal definita "sinistra> radicale". Lo strumento è lo sbarramento alle elezioni.> Ristrutturazione, crisi...>>
Il tutto dimostra solo una cosa, a mio avviso, e cioè il fatto che in> una fase di crisi come quella che dura ormai da tre decenni, la> borghesia imperialista non ha alcuna intenzione di concedere spazi> ancorchè formali che possano ostacolare il suo cammino. In poche parole,> la lezione è che se le elezioni servissero davvero a qualcosa, sarebbero> proibite.>> Altro punto in comune fra i quattro paesi in questione, è quello> relativo al flusso in due direzioni di forza lavoro, immigrazione ed> emigrazione. Il dominio raggiunto complessivamente sul pianeta da parte> del sistema capitalista, seguendo il gioco delle convenienìze> economiche, spinge milioni di persone ad abbandonare la propria terra ed> il proprio ambiente alla ricerca di migliori, o anche solo maggiori,> possibilità di sopravvivenza, dato che la ricerca del massimo profitto> genera carestie, disoccupazione e guerre da cui la forza lavoro è> costretta a fuggire, o a subire l'eterno ricatto di condizioni di vita e> di lavoro sempre peggiori. È un dato questo che accomuna tutto il mondo.> Negli USA, che respingono a fucilate i messicani che tentano di entrare> lungo la frontiera fortificata, mentre i lavoratori interni, travolti> dalla crisi, saranno costretti ad accettare riduzioni di salario,> ambienti ed orari di lavoro disumani, a meno che non accettino di andare> a farsi ammazzare per lo Zio Sam in una qualsiasi delle sue guerre in> giro per il mondo. Nell'Unione Europea, quella che vede morire per> annegamento, stenti o incidenti di vario genere quanti tentano di> immigrare; che rinchiude quanti ci riescono nei campi di concentramento,> che sottopone quanti ne escono a leggi razziali e situazioni di> sfruttamento estremo, mettendo loro contro i lavoratori interni,> esasperati dalle sempre più precarie condizioni di lavoro e di vita ed> intossicati dalla propaganda razzista. In quello che veniva definito> Terzo Mondo, dove, se non ti arruoli in qualche guerra definita> "tribale", in realtà che ti porta a morire per garantire a questa o> quella multinazionale il controllo sulle materie prime, puoi scegliere> fra morire di fame, malattie, rappresaglie, o tentare la fortuna> attraverso mille pericoli nel mondo che cerca di apparire così ricco e> benestante. Come lo stato italiano, che attrae, rifiuta, sfrutta, lascia> morire, lusinga, discrimina, a seconda delle esigenze produttive, i> lavoratori "stranieri", nello stesso tempo in cui fa scempio delle> conquiste ottenute dai lavoratori con le lotte dei decenni precedenti.> Al giorno d'oggi, nei posti di lavoro ci sono situazioni paradossali per> cui quattro lavoratori che svolgono le stesse mansioni, possono avere> quattro tipi di contratto diverso. E con l'attacco al contratto> nazionale che viene portato di questi tempi, l'avvento della> contrattazione diretta individuale, porrà il timbro definitivo sulla> sconfitta.>> È per questo, per arrivare al punto, che la parola d'ordine che convoca> la manifestazione, è importante, e può essere dirompente se interpretata> ed applicata alla lettera. Molti popoli, una sola lotta. Anche se a> questo punto sarebbe più appropriato dire "una sola classe, una sola> lotta", perchè l'unico scontro realmente determinante a questo punto è> quello fra la classe dei lavoratori, dovunque si trovino e da dovunque> ne vengano, e la classe dgli sfruttatori ed i loro servi. E l'unica> direzione praticabile per noi lavoratori, è quella della comunità di> interessi e delle lotte. Ci sono esempi più che validi di solidarietà> fra lavoratori, dal sostegno alla lotta dei lavoratori INNSE, a quella> vittoriosa alla Bennet di Origgio; da quella dei cassintegrati Alfa di> Arese per far ottenere un contratto degno ai lavoratori stranieri delle> cooperative, a quella degli operai delle Riparazioni Navali di Genova> per parificare le condizioni salariali a 200 lavoratori fatti venire> dalla Romania.>> Sono pratiche esportabili e da prendere ad esempio, perchè quando gli> operai di Bilbo, di Pomigliano, i lavoratori di Palestina, scendono in> lotta per conquistare il loro diritto all'esistenza contro i profitti> dei padroni, diventano tutt'uno con gli interessi della resistenza a> Gaza, nel Kurdistan, in Euskal Herria come nell'America Latina.>> Ed a questo punto, fanno scomparire nell'oblio quanti, Manifesto o> Rifondazione o finti comunisti di ogni genere, tentano di farsi belli> sulle spalle dei lavoratori.>> Sarebbe una vittoria grandissima se la manifestazione di sabato 21> sapesse fare propria in questo senso la parola d'ordine> dell'internazionalismo. Ci vediamo in piazza.>>

Stefano, operaio di Genova.

Nessun commento: