IN PRIMO PIANO

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mercoledì 29 aprile 2009

INAUGURAZIONE della Corte Popolare Autogestita

Domenica 3 Maggio 2009, dalle ore 12.00
Piazza Don Musazzi - Garbatola di Nerviano [MI]

ore 12.00 Pranzo Popolare in piazza
Grigliata a 10 euro - PRENOTAZIONI ENTRO IL 30 APRILE
[340/5263111; 349/8638923; collettivoltreilponte@yahoo.it]

nel pomeriggio seguiranno
Musicisti, giocolieri, saltimbanchi e artisti di strada, jam session

special guest

Paolo Ciarchi [musicologo e rumorista]
in: Microconferenza di musicologia applicata

Renato Franchi [musica d'autore] & Dario Bertini [poeta]

The moochers and the crab louse bus [acustic rock]


-> ore 18.30
Aperitivo musicale con
Boom Boom Sound

La Corte Popolare Autogestita è a Garbatola [NERVIANO] in Via Gorizia 8.

CINEFORUM-MOSTRE-AREA WiFi-DIBATTITI-SPAZIO PER STUDENTI-MEMORIA-SOCIALITA’-BIBLIOTECA POPOLARE-CULTURA-SOFTWARE LIBERO-CORSI DI INFORMATICA-PROGETTO TRASHWARE-FOTOGRAFIA-PITTURA-AGGREGAZIONE-INTEGRAZIONE-LABORATORI-PROIEZIONI-MURALES-LINUX-CUCINA-TERRITORIO-LAVORO-…

martedì 28 aprile 2009

GIOVEDI' 30 APRILE PROIEZIONE DI "CAMICE VERDI" A LAINATE


Come avevamo promesso, dopo pressioni e minacce varie,
Giovedì 30 aprile in Piazza Matteotti a Lainate (o in caso di pioggia presso la sala degli specchi all’interno di Villa Litta , a fianco della sede dell’ANPI)
sarà proiettato il film camicie verdi.

Rinnoviamo a TUTTI i cittadini l’invito a partecipare alla proiezione.

A.N.P.I. di Lainate
Rete Antifascista Nord-Ovest di Milano

sabato 25 aprile 2009

Presidio in RSA Pertini (Garbagnate Milanese) : Sabato, 2 maggio 2009 dalle ore 13,30 alle ore 17, 30

Lavoratrici e lavoratori delle Organizzazioni Sindacali di Base, tornano a presidiare il proprio posto di lavoro, per difenderne: la Qualità e la Sicurezza, onde meglio tutelare la Salute dei Cittadini. Continueremo a raccogliere le firme, per fermare il processo di trasformazione in ASP (Azienda Servizi alla Persona), della RSA Pertini. Un appello a tutti, forze politiche e sociali. Aderire e sostenere tale iniziativa, significa Resistere !!!Resistere allo Smantellamento scientifico della Sanità Pubblica, ad opera di politici ansiosi di mercificare la nostra Salute.E’ in gioco il futuro di tutti ! La trasformazione della attuale RSA in ASP costituirebbe un ulteriore passo verso la Privatizzazione, di ciò che ancora funziona nella nostra Sanità. Di più, vorrebbero farci pagare il costo di ulteriori nuovi posti d’oro, per i 5 membri del futuro Consiglio di Amministrazione, confortevole ‘ospizio dorato’ per gli ennesimi trombati della politica!Facciamo appello a tutte le persone libereperché politici di centro-destra-sinistra non procedano a concertare con i sindacati confederali, sempre più disponibili mercanti di favori e di prebende, questo pessimo progetto, nefasto per lavoratori, utenti e loro familiari.

SLAI Cobas

mercoledì 22 aprile 2009

Ridiamo una identità alla classe operaia.

Più forza e più potere ai lavoratori
nelle fabbriche, nei posti di lavoro, nella società

Il 17-18-19 aprile si è svolto a Milano un importante e partecipato congresso nazionale dello Slai Cobas:
i lavoratori, con l’unità dal basso, vogliono contrastare il modo di produzione capitalistico e un sistema basato sullo sfruttamento di milioni di proletari e che genera sofferenze a quasi tutta l’umanità.
L’attuale crisi peggiorerà la situazione. I lavoratori devono organizzarsi perché la loro forza sta nell’ unità. Lo Slai Cobas è con loro per organizzare questa lotta.
Licenziamenti, salari e pensioni da fame, morti di lavoro e sul lavoro, aumento della precarietà, miseria e guerra, non sono altro che espressione della brutalità e della violenza di questo sistema basato sullo sfruttamento.

I padroni utilizzano il nazionalismo, il razzismo e le guerre per mantenere questo stato di cose.
Lo Slai Cobas si è riunito in congresso per organizzare la lotta dei lavoratori contro i padroni ed i loro governi, ma anche per dare questa risposta con una prospettiva anticapitalista.
Sul come affrontare questa sfida, abbiamo invitato al Congresso moltissime realtà di lotta e tutte le forze sindacali e politiche che sono disposte a muoversi in questa direzione.
In molti hanno risposto

Al congresso sono intervenuti:
Graziano Giusti (Gr. Lav. precari BG), Giuseppe Staffolani (CSA Vittoria di Milano), Michele Michelino (Work), Pino Gianpietro (Confederazione Cobas), Piergiorgio Tiboni (coord. Nazionale CUB), Marco Riformetti (Primo Maggio),Ugo Boghetta (dipart. lavoro PRC), Pierpaolo Leonardi (coord. nazionale RdB), Ezio Gallori (Pensionati Uniti), Roberto Firenze (Sinistra Critica), Enrico Moroni (FAI), Arturo Pinotti (Saalam Ragazzi dell’olivo-MI), Barbara Bee (Carc), Natale Azzaretto (PCL), avv. Ezio Bonanni, saluti dal Pdac, da Fabrizio Tomaselli (SdL) e Piattaforma Comunista.

Nella lotta e sugli obiettivi concreti verificheremo con loro, con tutte le forze disponibili e, soprattutto, con i lavoratori, le convergenze e l’unità d’azione.
Lo Slai Cobas, in ogni caso, anche grazie a questo importante congresso svoltosi e conclusosi in modo unitario, porterà avanti autonomamente con decisione la lotta.www.slaicobas.it

Francia, operai assaltano prefettura


PARIGI - Assalto alla prefettura da parte di decine di operai di una delle aziende Continental. La clamorosa protesta e' avvenuta a Compiegne, nell'est del Paese: i lavoratori hanno saccheggiato e danneggiato gli uffici dopo che il tribunale aveva respinto la loro richiesta di annullare o sospendere la chiusura dell'azienda. Tanti i danni materiali. Il gruppo tedesco di pneumatici ha annunciato l'11 marzo la chiusura del sito francese di Clairoix, dove sono attualmente impiegate 1.120 persone. (Agr)

martedì 21 aprile 2009

Gli occupanti del residence fantasma «Leonardo da Vinci» protestano contro lo sgombero









da indymedia

MILANO - Momenti di tensione martedì mattina a Bruzzano, dove da venerdì scorso un gruppo di circa 350 rifugiati politici provenienti da vari Paesi africani ha occupato il residence abbandonato «Leonardo da Vinci» di via Senigallia. Fin dalla notte di lunedì il residence era presidiato da agenti di polizia in tenuta antisommossa. Un gruppo di una cinquantina di immigrati, in mattinata, si è presentato all'ingresso accompagnato da una decina di giovani appartenenti a centri sociali della città e ha chiesto di entrare nello stabile. La polizia lo ha impedito. Gli immigrati si sono allora spostati alla vicina ferrovia e e si sono seduti sui binari, bloccando la circolazione dei treni. L'azione di protesta è stata interrotta dalla polizia che, secondo quanto riferito dalla Questura, ha portato via di peso gli immigrati. Secondo invece il consigliere regionale di Rifondazione comunista Luciano Muhllbauer, presente sul posto, gli agenti hanno trascinato gli immigrati, alcuni dei quali hanno avuto bisogno di cure mediche. «Al momento la situazione è di stallo - ha riferito Muhllbauer -. Stiamo aspettando notizie dalla delegazione di rifugiati che è in Comune per sentire se ci sono proposte per risolvere la vicenda».I RITARDI - La protesta degli immigrati ha provocato ritardi di circa mezz'ora ad alcuni treni sulla linea Milano-Asso, secondo quanto reso noto da un portavoce delle Ferrovie Le Nord. I manifestanti, che non hanno mostrato intenzioni offensive, si sono poi fermati all'incrocio tra via Orboni e via Mazzucchelli. Il residence «Leonardo da Vinci», che si trova al confine tra il Comune di Milano e quello di Bruzzano, nell'hinterland a nord del capoluogo (zona Sesto San Giovanni), era stato occupato venerdì scorso da circa 350 rifugiati politici del Corno d'Africa. Martedì mattina alcuni delegati del Comune hanno tentato di portare avanti una trattativa, che è fallita perché i rifugiati non avrebbero individuato fra loro un interlocutore.
L'EDIFICIO IN ROVINA - Durante il sit-in sui binari i manifestanti hanno sventolato permessi di soggiorno e carte d'identità per dimostrare la loro regolarità, ed esposto lenzuola su cui avevano scritto «We need peace», abbiamo bisogno di pace. Il residence «Leonardo da Vinci» è uno dei più grandi scempi dell' edilizia milanese: un palazzone di 7 piani con 500 monolocali ridotto a un rudere tra topi, calcinacci, vetri spaccati, ascensori, lampade e impianti fracassati. «Secondo i nostri servizi sociali - aveva riferito il vicesindaco Riccardo De Corato - soltanto pochissime di quelle persone hanno il riconoscimento dello status di rifugiato. Continueremo le verifiche. Ma mi sembra chiaro che l'occupazione sia stata guidata dai centri sociali, che sono andati a fornire assistenza. E comunque Milano assiste già un gran numero di profughi, non può fare di più».(CdS)

STAFFETTE PARTIGIANE



Presso la tensostruttura di Magenta, p.za mercato, il 22, 23 e 24 aprile2009

Mercoledì 22 Aprile:
cena dell’ANPI (prenotatevi!!!!) e proiezione del film NAZIROCK, con la presenza di Saverio Ferrari dell’Osservatorio sulle nuove destre.

giovedì 23 Aprile:
saluto ufficiale dell’ANPI e del coordinamento di zona, a seguire concerto di CISCO e Boxindogs da Genova.

venerdì 24 Aprile:
spettacolo teatrale con Bebo Storti “Mai morti”, a seguire dj set musicale.

Bar e ristorante sempre aperti, mostre fotografiche e stand associazioni.

A.N.P.I. e le associazioni antifasciste del magentino

sabato 18 aprile 2009

LA LOTTA DI POMIGLIANO...

da l’espresso.it

Vincenzo, spalle larghe e lingua veloce, lavora alle carrozzerie da vent’anni. Portare la grande croce per una cinquantina di metri non gli ha pesato più di tanto. È fiero di aver messo in scena venerdì, insieme ai suoi compagni, una delle ‘Via Crucis’ più operaiste degli ultimi decenni. Una scelta del parroco don Peppino, che ha voluto le tute blu della Fiat di Pomigliano, i “nuovi crocifissi”, per rappresentare la passione di Gesù. Sono passati quattro giorni dall’evento. Vincenzo riempie i polmoni e sbraita. “Il macigno vero noi lo portiamo dentro. Pomigliano ormai non è più una fabbrica, ma una polveriera. Se i politici e l’azienda non si danno una mossa, qui esplode tutto. Sarà molto peggio della Francia, dei sequestri in Belgio”. È martedì 14 aprile, ma il parcheggio destinato a carristi e lastratori della Fiat è deserto come fosse domenica pomeriggio. Il piazzale delle auto invendute, ordinate a comporre file colorate, è invece pieno come un uovo. La crisi mondiale ha azionato il ralenty alla catena di montaggio che mette insieme i pezzi delle Alfa 147 e 159. I lavoratori sono tutti in cassa integrazione ordinaria. Spenti pure gli schermi al plasma dell’area ristoro, inaugurata poco più di un anno fa. Era stata creata per evitare che gli operai si preparassero il caffè durante il turno: dentro una portiera era stato trovato un bicchierino di plastica sporco. Colpa dell’indisciplina, della bassa produttività e dell’assenteismo: i 5mila dipendenti erano stati costretti a seguire per due mesi un ‘corso di rieducazione’. Vincenzo al solo ricordo schiuma altra rabbia. Poi guarda la fabbrica muta, e si fa cupo. “È una tragedia. Pomigliano è l’ultima cattedrale della classe operaia rimasta in Campania, l’ultimo grande impianto produttivo che genera un po’ di lavoro. Se chiude, è la fine”. Le forze dell’ordine, i sindaci della zona, persino la Chiesa sanno che la santabarbara, in terra di camorra e tassi di disoccupazione a doppia cifra, rischia davvero di saltare. È il punto più sensibile d’Italia, dove la recessione s’intreccia con il disfacimento del patto tra lavoratori, aziende e istituzioni. Il luogo, soprattutto, in cui sindacati e partiti stanno perdendo il tradizionale ruolo di mediatori. Le nuove Brigate rosse l’hanno capito al volo, e stanno tentando di trasformare la vecchia Alfa Sud nel simbolo della lotta contro il capitalismo delle disuguaglianze. “Con tre brutali cariche a freddo”, hanno scritto gli imputati al processo in Corte d’assise a Milano dopo gli scontri sulla ‘A1′ dello scorso febbraio, “le forze della repressione hanno cercato di impedire che la giusta lotta degli operai valicasse i cancelli della fabbrica coinvolgendo la popolazione con il blocco dell’autostrada. Vicinanza e solidarietà agli operai Fiat di Pomigliano, così come a tutte quelle situazioni che lottando non intendono subire passive gli effetti della crisi del capitalismo”. Il pm Ilda Boccassini ha impedito che il comunicato fosse letto in aula, ma non ha potuto bloccarne la divulgazione su Internet: sul sito di Indymedia, su quello di un collettivo antagonista, persino su una pagina dedicata agli ultras è possibile trovare il testo con gli attacchi al governo, al “padronato” e al giuslavorista Pietro Ichino. Pomigliano è un’icona, da sempre. Difficile che oggi i metalmeccanici facciano un tuffo all’indietro negli anni Settanta: le ideologie egualitarie e solidali sono morte, gli operai non sono più, per dirla alla maniera del sociologo Aris Accornero, “macchine per la lotta di classe” come i loro padri. Sono individui, guardano il ‘Grande Fratello’ e ‘Amici’, pensano solo a guadagnarsi ‘la mesata’. “Ma la tempesta sta arrivando lo stesso”, avverte Andrea Amendola, capo della Fiom della città e memoria storica dell’alfismo militante. Tra dipendenti e indotto il vecchio stabilimento fa mangiare novemila famiglie, in tutta la Campania il settore dell’auto occupa oltre 20 mila persone, rappresentando una parte rilevante del Pil regionale. Decine di piccole imprese gravitano intorno alla Fiat dal 1971. L’agonia dei consumi ha gettato tutti nel panico. La produzione è passata dalle 195 mila auto del 2001 alle 60 mila del 2008. Un crollo mai visto. Le stime per quest’anno sono catastrofiche: se il trend non si inverte, si costruiranno in totale meno di 40 mila vetture. “Il fatto è che, a parte la costosa 159, non sono previste nuove linee”, spiega Amendola:”Anche Termini Imerese, che fa solo Lancia Y, se la passa male. A Melfi e Cassino, dove si assemblano la Grande Punto e la nuova 149, respirano ancora”.In città la ‘caccia al manager’ organizzata dai lavoratori francesi infuriati per tagli e licenziamenti inizia a far breccia nella pianificazione delle proteste. I capifamiglia, quelli monoreddito, pretendono che i sindacati alzino l’asticella della contestazione. Qualcuno spiega che occupare Pomigliano sarebbe inutile, si farebbe solo un favore ai manager di Torino. “Meglio puntare sui capannoni di Melfi”, dicono i più arrabbiati: “Il danno economico sarebbe ingente. Ma per sfondare le porte e conquistare l’edificio servono circa 400 compagni, il blitz va organizzato bene”. Il cellulare dei delegati sindacali squilla in continuazione. Arrivano pressioni, minacce. Persino i duri della Fiom temono per la loro incolumità. La sede dei metalmeccanici è un porto di mare. Arrivano quelli dell’Avio, altra azienda traballante: la divisione che fa revisione ai motori degli aerei ha perso la commessa Alitalia, che ha preferito rivolgersi a una ditta israeliana, la Bedek. Si fanno sentire quelli della Cablauto e dell’ex Selca, che tra pochi giorni rimarranno senza alcun reddito. Il virus della cassa integrazione se lo sono presi anche quelli della Marelli, che costruiscono sistemi di scarico; i compagni della Lear, che montano i seggiolini; la G.M. di Arzano, specializzata nella motorizzazione. Aniello Niglio, operaio di 47 anni, due figlie di 15 e 16 anni da mandare a scuola, un mutuo e qualche debito fatti con il credito al consumo, spiega che il sindacato finora ha fatto da valvola di sfogo alle tensioni. Ma annuncia che “il tempo delle chiacchiere sta scadendo”. L’appello di Paolo Bonolis durante Sanremo per la sopravvivenza dell’impianto, come la solidarietà di Benedetto XVI, è un’operazione mediatica che ha permesso alla vertenza di finire sulle pagine dei giornali, ma i lavoratori si lamentano di aver raccolto, dopo mesi di battaglia, assai poco. Il corso finanziato dalla Regione Campania, importante welfare perequativo voluto da Antonio Bassolino, non è ancora partito, mentre il patto tra Obama e la Fiat per salvare la Chrysler dal fallimento ha ulteriormente esacerbato gli animi. “Marchionne va a prendersi gli applausi a Detroit e abbandona al loro destino gli operai italiani. Bisogna avere il coraggio di dire che le politiche industriali per Pomigliano sono state fal-li-men-ta-ri”. L’ingegnere italo-canadese non ha per ora sciolto le riserve. La berlina 159, unico modello rimasto appannaggio dello stabilimento, non rientra nemmeno tra le vetture agevolate dagli incentivi statali. I politici hanno proposto che il sito si riconverta alle auto verdi ultraecologiche, ma per ora nessuna decisione è stata presa. Anche il prefetto Alessandro Pansa ammette di essere preoccupato: “Questa è l’unica area industriale importante della provincia. L’età media degli operai Fiat, poi, è bassissima: trentasei anni. Non è un caso che Berlusconi in persona abbia incontrato i lavoratori per più di un’ora”. Nel faccia a faccia il premier ha promesso di impegnarsi nella vicenda “con la testa e con il cuore”. Si è preso gli applausi appena ha parlato di un (difficile) prolungamento della cassa integrazione, ma qualcuno ha storto il naso quando, puntando l’indice sulla pancia straripante di un delegato della Fim-Cisl, il Cavaliere gli ha prima intimato una dieta ferrea, poi ha dichiarato alla platea che lui, se fosse licenziato, si rimboccherebbe le maniche. Il miscuglio di rabbia e indignazione che ribolle nel ventre della città non si vede in superficie. Esclusi sei giorni di lavoro al mese gli operai se ne stanno in famiglia, o ciondolano per le strade. “Qualcuno cerca di arrotondare lo stipendio, ridotto a 7-800 euro, con qualche lavoretto in nero, ma certe nicchie sono ormai monopolizzate da africani e rumeni”, dice Giuseppe Saccoia, in catena di montaggio da quasi 35 anni. Se i giovani non torneranno presto a indossare le loro tute da Cipputi, dice, rischieranno di finire intrappolati nelle maglie della camorra. Il prefetto getta acqua sul fuoco. “Il sistema non ha mai reclutato operai, figuriamoci quelli della Fiat. A Pomigliano i rischi veri”, conclude Pansa,”sono l’indebitamento, il boom dell’usura, l’infiltrazione della criminalità nelle piccole imprese”. L’operaio Saccoia scuote la testa e sorride amaro. Dice che è sempre stato legato alle istituzioni, al sindacato, ai partiti. Stima il presidente Giorgio Napolitano, che ha votato quando era candidato a Bagnoli. Oggi racconta che se tutto andrà in malora anche lui si unirà alla lotta. “Io ancora oggi credo in una democrazia compiuta. Ma voglio proprio vedere quale giudice avrà il coraggio, dopo che sono stato mortificato come uomo e come lavoratore, di dirmi in faccia che sono un terrorista”.

Aprite quel valico! Basta con l’assedio di Gaza

Da Gaza a Torino
(18 aprile 2009)
Il silenzio è calato sul genocidio in atto nella Striscia di Gaza. Silenzio e sulle continue incursioni israeliane. Silenzio sul blocco dell’entrata delle merci, compresi gli aiuti umanitari. Silenzio sull’impossibilità per le persone, compresi molti malati, di poter uscire. Silenzio sui contadini assassinati dai cecchini israeliani mentre tentano di lavorare la propria terra. Silenzio sui pescatori mitragliati dalle navi da guerra israeliane che gli impediscono di prendere il largo. Il regime egiziano è complice del genocidio a Gaza. Il Valico di Rafah, sul confine fra l’Egitto e la Striscia di Gaza, è l’unico accesso non controllato direttamente dall’occupazione sionista, che però lo controlla indirettamente, grazie alla complicità del governo del Cairo. Da quando Israele, gli U.S.A. e l’Unione Europea hanno imposto l’embargo contro la Striscia di Gaza ed il milione e mezzo di Palestinesi che lì vivono, l’Egitto ha fatto la sua parte nell’impedire la libera circolazione delle persone e delle merci, contribuendo a stringere il cappio intorno al collo di una popolazione fra le più disagiate del pianeta. Anche nel corso dell’aggressione criminale di dicembre-gennaio, conosciuta come “Operazione Piombo Fuso”, il regime egiziano ha continuato a tenere serrato il catenaccio del Valico di Rafah, impedendo la fuga a chi cercava scampo dai bombardamenti a tappeto, dai missili e dalle cannonate. Al termine della fase più cruenta dell’aggressione, il Valico è stato aperto a singhiozzo e con il contagocce, nonostante la crisi umanitaria della Striscia di Gaza diventi di giorno in giorno più drammatica e le iniziative della cosiddetta comunità internazionale si siano dimostrate una presa in giro nei confronti della popolazione di Gaza e dell’opinione pubblica. A tutt’oggi la Striscia rimane sigillata e nemmeno un centesimo dei fondi per la “ricostruzione” promessi nella tanto sbandierata conferenza di Sharm El Sheikh è stato effettivamente stanziato. Gaza continua a morire lentamente, strangolata da un embargo criminale e immorale, nel silenzio dei media e dei governi “democratici”. E il regime egiziano è pienamente complice di quello che sta avvenendo. Già lo scorso anno, il Forum Palestina aveva organizzato una delegazione che intendeva recarsi nella Striscia di Gaza attraverso il Valico di Rafah, per rendersi conto della situazione e verificare le necessità della popolazione. Le zelanti autorità egiziane bloccarono gli attivisti ancora prima del confine, arrivando persino ad impedire una conferenza stampa, sequestrando e minacciando i giornalisti, costringendo la delegazione a tornare in Italia senza aver potuto vedere la Striscia di Gaza nemmeno da lontano. Il mese scorso, una nuova delegazione del Forum Palestina è invece riuscita ad entrare nella Striscia, ma solo dopo giorni di proteste e manifestazioni al Valico di Rafah. Abbiamo quindi potuto constatare con i nostri occhi le condizioni terribili in cui sono costretti a vivere i Palestinesi di Gaza, ma anche il malessere di larghi strati della popolazione egiziana, oppressa da un regime corrotto, antidemocratico e venduto ad Israele e U.S.A. Un regime asservito economicamente, come testimoniano la vendita sottocosto ad Israele del gas naturale del Sinai e il cosiddetto Protocollo QIZ (Qualified Industrial Zones), sottoscritto nel gennaio 2005 assieme ad Israele ed U.S.A., che permette alle merci egiziane di entrare come merci duty-free nel mercato americano a condizione che almeno l’11,7% del valore dei beni sia di produzione israeliana. Un regime che il Rapporto di Amnesty International dell’aprile 2007 accusa di “sistematiche violazioni”, denunciando l’esistenza di migliaia di prigionieri politici e di opinione, “arresti arbitrari, detenzioni prolungate senza accusa né processo, torture e altri maltrattamenti da parte delle forze di sicurezza, specialmente dei servizi per le indagini sulla sicurezza dello Stato (Ssi), cui lo stato d'emergenza, in vigore quasi ininterrottamente da quasi 40 anni, conferisce ampi poteri”. Lo stesso rapporto condanna anche il ricorso ai tribunali speciali militari e di emergenza per processare civili accusati di reati contro la sicurezza e descrive come inique le loro procedure, che hanno anche determinato la messa a morte di alcuni imputati, rilevando come molti cittadini egiziani sospettati di terrorismo siano stati trasferiti in Egitto da parte degli U.S.A. e di governi di paesi europei e arabi, per esservi torturati. Il destino di alcuni di essi, vittime di rendition illegali da parte degli U.S.A., rimane sconosciuto. Le loro identità, così come le informazioni sul luogo dove sono detenuti, non sono state rese note (ma almeno un nome noi lo conosciamo, ed è quello di Abu Omar, sequestrato il 17 febbraio 2003 a Milano dalla CIA mentre si recava alla moschea e trasportato presso la base di Aviano per essere trasferito in Egitto, dove è stato recluso, interrogato e torturato). Un regime che impedisce l’accesso a Gaza degli aiuti umanitari provenienti dalla solidarietà di tutto il mondo, come testimoniano le migliaia di tonnellate di viveri, acqua, vestiario e medicinali bloccati ad Al Arish, insieme ad ambulanze e generatori industriali, come hanno documentato i volontari italiani di Music for Peace, anch’essi impossibilitati a consegnare i viveri e gli altri aiuti donati dalla solidarietà italiana… quella vera, quella delle persone comuni. In molti dovrebbero pretendere risposte dalle Regioni che avevano promesso stanziamenti mai effettuati e che (lo ricordate?) si erano impegnate a far curare nelle loro ASL i feriti dei bombardamenti, quando invece– a tre mesi dalla fine ufficiale dell’operazione “Piombo Fuso” – in nessuna Regione è stato fatto arrivare un solo ferito da Gaza. Su questo i vari Martini, Vendola, Marrazzo & Co. non provano almeno un po’ di vergogna? L’Italia è il secondo partner commerciale mondiale dell’Egitto, secondo solo agli U.S.A., e il primo mercato per le esportazioni egiziane. La Fiera del Libro di Torino, quest’anno dedicata all’Egitto, si presenta dunque come una vetrina internazionale per gli affari del regime, come doveva avvenire lo scorso anno per lo Stato sionista, se la campagna di boicottaggio del movimento di solidarietà con il popolo palestinese non avesse guastato la festa, ricordando che festeggiare il 60° anniversario della fondazione di Israele era un insulto alle vittime della pulizia etnica e del genocidio iniziati con la colonizzazione della Palestina. Sosteniamo pienamente l’appello dell’Assemblea Free Palestine e invitiamo tutti alla mobilitazione affinché quella che dovrebbe essere la fiera delle vanità di un regime corrotto e antidemocratico si trasformi in una manifestazione di solidarietà con il popolo palestinese, per la fine dell’embargo criminale contro la Striscia di Gaza, per l’apertura del Valico di Rafah al passaggio degli aiuti e dei volontari internazionali ed al libero transito dei cittadini di Gaza verso l’esterno.

ROMPIAMO L’ASSEDIO DI GAZA! APRIAMO IL PORTONE DELLA PIU’ GRANDE PRIGIONE DEL MONDO! CON LA PALESTINA NEL CUORE, FINO ALLA VITTORIA!

Il Forum Palestina

venerdì 17 aprile 2009

Altri 5 manager sequestrati, 1 su 2 i francesi d'accordo

Altri cinque sequestri di manager. Alla Faure e Machet (gruppo Fm Logistic), a Woippy, nella Mosella. E ancora una volta una pratica che gli operai hanno usato come antidoto alla crisi economica, quella di bloccare i dirigenti, di costringerli a contrattare direttamente con gli operai, tagliando fuori le mediazioni dei sindacati. In questo caso erano ben 500 le persone che, a causa delle delocalizzazione in Malaysia decisa dalla direzione, avrebbero perso il posto. Oltre cento lavoratori, decisi a seguire l'insegnamento - e le vittorie - degli alti prima di loro, hanno bloccato per oltre dieci ore i cinque nella sala riunioni. «Ne abbiamo abbastanza. Siamo nel mezzo di una ristrutturazione dall'aprile 2008 e stiamo negoziando da un anno, se questo si può chiamare negoziato, ma non siamo stati capaci di farci ascoltare» spiega le motivazioni dell'azione uno dei lavoratori.Ma questa non è la sola novità. Infatti se l'Ump di Sarkozy, unendosi alle voci degli altri partiti, condanna i sequestri, l'opinione pubblica la pensa diversamente. Un sondaggio dice che quasi un cittadino su due non punta il dito contro i lavoratori infuriati. Dati che indicano una consapevolezza diffusa, che identifica in modo netto a chi attribuire le colpe, le responsabilità di questa crisi.

giovedì 16 aprile 2009

[Milano] 17-18-19 aprile Congresso Nazionale Slai Cobas


IL REGIME VERRRA' TRASMESSO




fine ha dovuto dire la sua. Scalpitava, pungolato nell’orgoglio per non aver preso ancora nessuna posizione “di rilievo”; si è slacciato i gemelli della camicia, ha rimboccato frettolosamente le maniche all’altezza dell’avambraccio e poi, tra il finto stupore dell’azienda RAI, ha emesso la sentenza.Il direttore generale della Rai Mauro Masi ha chiesto a Michele Santoro che «sin dalla prossima puntata di Annozero siano attivati i necessari e doverosi riequilibri informativi specificatamente in ordine ai servizi andati in onda dall’Abruzzo» ma non al dibattito in studio di giovedì scorso. Il dg lo ha chiesto in una lettera inviata allo stesso Santoro e ai direttori del Tg3 Antonio Di Bella e di Raidue Antonio Marano. (corriere.it)Ma il dg RAI punta ancora più in alto, chiedendo anche la sospensione del contributo offerto nella trasmissione dal celebre vignettista del Manifesto Vauro Senesi. Nella lettera inviata da Masi, Vauro è accusato di aver riprodotto in studio una vignetta intitolata “Aumento delle cubature. Dei cimiteri” che è stata valutata “gravemente lesiva dei sentimenti di pietà dei defunti e in contrasto con i doveri e la missione del servizio pubblico”. Insomma, siamo alle solite; nessuna voce fuori dal coro quando si tratta di far venir meno il clima di pacificazione nazionale che segue alle catastrofi del nostro paese. Nessun rimbrotto o formalizzazione di accusa verso presunti criminali che ora versano lacrime di coccodrillo; nessuno sdegno se lo sciacallaggio mediatico contiuna a strappare i brandelli di vita che i terremotati abbruzzesi si tengono forte, mentre la caccia ai responsabili di una catastrofe annunciata comincia a fare acqua e ad offrire i primi verdetti di criminosa immunità.Adesso il problema in RAI è difendere la bella faccia del ceto politico nostrano; non curanti delle responsabilità che avrebbero dovuto inchiodare i colpevoli agli stessi muri di sabbia venuti giù come la vita di molte persone dell’Aquila, Fossa, Onna e via discorrendo. Il problema RAI ora è Santoro, è Vauro; la risposta è Vespa, è l’indignazione parlamentare che svia dalle scomode verità che si prova a mettere a nudo. L’indignazione parlamentare, la stessa ipocrita manovra dei maggiori quotidiani italiani che si sono fermati a controinchiestare il crollo dell’ospedale; il buon reportage di Fabrizio Caccia sul Corsera (a soli due giorni dal disastro) lasciava ben sperare per un’analisi che nei giorni a venir si sarebbe occupata di smascherare le magagne e le marchette che stavano dietro qulle costruzioni degne dei peggior LEGO. Ma poi, senza false ed ingenue speranze, ci è bastato ricordare il vincolo che lega il gruppo RCS (proprietario del Corriere della Sera) e la Impregilo (ovvero la società di costruzioni che aveva avuto l’appalto pe la costruzione dell’opsedale de L’Aquila): una storia inenarrabile, un finale strozzato “causa forza maggiore”, un cast da rivedere per una tragedia che ha segnato picchi di ascolto e share quasi fossimo in un sistema radiotelevisivo a canale unico.

Bene, bravi, bis.
Sipario.

mercoledì 15 aprile 2009

Corte Popolare Autogestita

Domenica 3 Maggio 2009, dalle ore 12.00
Piazza Don Musazzi - Garbatola di Nerviano [MI]


INAUGURAZIONE della
Corte Popolare Autogestita

-> ore 12.00
Pranzo Popolare in piazza
Grigliata a 10 euro - PRENOTAZIONI ENTRO IL 30 APRILE
[340/5263111; 349/8638923; http://it.mc264.mail.yahoo.com/mc/compose?to=collettivoltreilponte@yahoo.it]

nel pomeriggio seguiranno
Musicisti, giocolieri, saltimbanchi e artisti di strada, jam session

special guest
Paolo Ciarchi [musicologo e rumorista]
in: Microconferenza di musicologia applicata
Renato Franchi [musica d'autore]

-> ore 18.30
Aperitivo musicale con
Boom Boom Sound

La Corte Popolare Autogestita è a Garbatola [NERVIANO] in Via Gorizia 8.
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Collettivo Oltre il Ponte - Nerviano
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sabato 11 aprile 2009

Piobesi Torinese, i lavoratori sequestrarono manager

da infoaut.

Si è saputo solo oggi. E' il 25 febbraio, alla Olimpias (gruppo Benetton) di Piobesi Torinese, e le trattative tra azienda e sindacati vanno avanti ormai da tempo. Troppo e senza alcun risultato. Alle 14 gli operai decidono di prendere in mano direttamente la situazione, sono 143 e indicono uno sciopero spontaneo. Aspettano nello stabilimento notizie della trattativa in corso all'Unione Industriali. Poi dopo un paio di ore i sindacalisti escono dall'incontro, comunicano ai lavoratori che i 143 licenziamenti sono confermati. Nessuna cassa integrazione per ristrutturazione, né alcuna forma di incentivo, un solo anno di ammortizzatore sociale. Una misura arrogante e spregiudicata della direzione. Immediatamente scatta l'assedio al direttore del personale Tullio Leto, ai suoi segretari e collaboratori. Sullo stile di quanto accade in Francia, e non solo, i lavoratori decidono di impedir loro ogni movimento. Fino a che non si fossero ritrattate le misure volute dalla Benetton. Il tutto dura alcune ore, con l'intervento dei carabinieri che devono persino creare un diversivo per liberare Leto e "soci" facendoli scappare da un'uscita secondaria.

«L´episodio comunque ha cambiato il corso della trattativa - dice il sindacalista Graziano - perché ha fatto capire all´azienda che i lavoratori erano disposti a tutto pur di ottenere qualcosa dalla trattativa». Risultato; la trattativa si è conclusa con due anni di cassa, un incentivo all'uscita e la ricollocazione dei lavoratori in altre fabbriche della multinazionale.

mercoledì 8 aprile 2009

COMUNICATO ANPI SULLA PROIEZIONE DI "CAMICIE VERDI"

Venerdì 3 aprile l'ANPI di Lainate aveva organizzato in un centro comunale la proiezione del film documentario “CAMICIE VERDI” realizzato 4 anni fa dal giornalista Claudio Lazzaro.Dal giorno della scelta del luogo e del giorno della proiezione, sono cominciate ad arrivare alla cooperativa che gestisce il luogo della proiezione, pressioni via via sempre più insistenti per negare la sala. Pressioni che hanno raggiunto il culmine nella giornata di venerdì con telefonate al limite dell'intimidazione mafiosa anche da parte di sedi istituzionali. locali e provinciali, probabilmente legati politicamente ai soggetti protagonisti del documentario.L'ANPI visto il clima e soprattutto preso atto che la scelta di proiettare il film avrebbe potuto colpire i lavoratori della cooperativa, decideva di sospendere momentaneamente la proiezione per tutelare i lavoratori minacciati.Anche se riteniamo non sia necessario ribadiamo che tutte le iniziative dell'ANPI sono sempre state e sempre saranno svolte in piena libertà e democrazia come era del resto quella di venerdì 3 aprile.Nei nostri dibattiti viene sempre garantito a tutti il diritto di esprimere la propria opinione, favorevole o contraria che sia. Questo perchè crediamo fermamente nella forza dei valori democratici sanciti dalla nostra Costituzione nata dalla guerra di Liberazione, con il sacrificio di migliaia di Partigiani e che per questo ci obbliga ancora di più a rispettarla e a difenderla.Valori che parlano di democrazia, uguaglianza e diritto di opinione, evidentemente non condivisi da chi ha voluto in ogni modo censurare la serata. Saremo sempre impegnati per far si che soprattutto chi non condivide le nostre idee possa sempre esprimerle liberamente in ogni luogo e in ogni circostanza nel rispetto della Costituzione e delle leggi che regolano la vita civile.Vogliamo dire a questi individui, che evidentemente non condividono questi valori e le regole della democrazia, che la serata sarà ripetuta in un luogo che non possa più essere soggetto ad avvertimenti o minacce di nessun genere; ci impegniamo fin da ora a rendere pubblica tutta la vicenda informando gli organi di stampa locali e sul Web: rinnoviamo l'invito a TUTTI i cittadini di partecipare alla proiezione e di far valere le proprie ragioni in quella sede.Ringraziamo gli assessori comunali presenti e tutte le organizzazioni di Lainate, e non solo, che hanno espresso solidarietà e sostegno nei nostri confronti.

ANPI di Lainate sez. Pio Zoni

martedì 7 aprile 2009

Terremoto. Nemmeno quando sono annunciate le emergenze c’è prevenzione!

Il comunicato della RdB/CUB dei Vigili del Fuoco

lunedì, 06 aprile 2009 E' già da tempo che esperti e studiosi annunciano possibili sismi nel centro del paese ed anche i Vigili del Fuoco sono stati, in queste settimane, interessati da richieste e telefonate ai centralini delle sale operative di notizie in merito alle attività sismiche del territorio. Tutti hanno fatto orecchie da mercante nessuno si è preoccupato di attivare procedure di pre-allerta nelle zone segnalate da possibili sciami sismici. Alcuni studiosi che avevano avanzato la possibilità di un prossimo terremoto, sono stati pure denunciati per procurato allarme, ora dopo il disastro e la morte di povera gente tutti si interrogano sulle possibili attività che potevano essere messe in campo. Certamente non si sarebbe fermato il sisma ma indubbiamente tutte quelle attività di prevenzione e procedure di pre-allarme potevano essere utilizzate sulla zona. Più o meno quello che stà succedendo in queste ora contingenti da tutte le parti d’Italia di Vigili del Fuoco che stanno partendo con tutte le difficoltà del caso, autostrade intasate o impercorribili, ritardi di organizzazione di colonne mobili, ed organici che devono essere reperiti dalle proprie abitazioni perché in questi anni il problema principale dei Governi è stato quello della sicurezza in generale dimenticandosi del soccorso alla popolazione della prevenzione sul territorio e soprattutto che viviamo su una penisola soggetta a movimenti giornalieri. Ora si ricomincia nuovamente con la sceneggiata dei volontari sul posto per rappresentare l’efficienza dello Stato in attesa che il personale del Corpo Nazionale VV.F. oramai ridotto a mera presenza nei posti di lavoro (sott’organico perenne) si organizzi da tutta Italia e parta per le zone terremotate! Finita la prima emergenza tutto tornerà peggio di prima fino alle prossime morti. Senza un sistema di protezione civile – che si preoccupi concretamente delle emergenze del paese - con dentro la macchina organizzativa dei Vigili del Fuoco il paese dovrà ancora piangere i propri concittadini.

Per il Coordinamento Nazionale RdB CUB VV.F. - Antonio Jiritano

TERREMOTO IN ABRUZZO, SOLIDARIETA' ATTIVA

Appello dell’Abruzzo Social Forum
Una grande campagna di solidarietà promossa da diversi pezzi di società civile è in corso in queste ore, dopo la tragedia del terremoto che ha devastato alcuni paesi dell’Abruzzo e la città dell’Aquila. Tra gli altri, la rete delle associazioni dell’Abruzzo Social Forum sta stilando un elenco di volontari, preparati a fronteggiare la situazione, da tutte le regioni. Chi volesse raggiungere la regione può contattare l’Abruzzo social forum alla mail info@abruzzosocialforum.org oppure Renato Di Nicola all’indirizzo di posta elettronica renato.dinicola@virgilio.it o al numero di telefono 338 1195358.

sabato 4 aprile 2009

MOVIMENTI CONTRO LA CRISI IN EUROPA.

DA INFO-AUT www.infoaut.org
LONDRA CONTRO IL G20
Appunti per un movimento contro la crisi

A margine delle mobilitazioni in opposizione al vertice del G20 di Londra è interessante andare a vedere, analizzare e dare commento a quel che la piazza londinese ha prodotto in queste giornate, cercando di cogliere la vivacità e la ricchezza, seppur nei suoi limiti, di una discesa in strada significativa dinnanzi al mordere della global crisis.
Indubbiamente il clima blindato che ha attorniato la City di Londra lungo questa settimana ha fortemente condizionato la protesta, la quale, dopo il grande corteo di oltre 50mila persone sabato scorso, è cominciata nella giornata di mercoledi con lo sfilare di 4 cortei verso la Bank of Scotland, che è stata poi assaltata dai manifestanti, occasione nella quale è morto anche Ian Tomlinson. Giovedi gli arresti e gli sgomberi delle case occupate hanno compromesso l'assedio dell'Excel Center. Nonostante ciò, un dato rilevante si è avuto dalla partecipazione popolare alle manifestazioni, una composizione sociale diversa da occasioni e movimenti passati, attivazione di soggetti non soliti alle piazze, spinti dall'insostenibilità e dalla rabbia portate dalla crisi. Secondo Paolo Gerbaudo l'interrogativo e la sfida starà nella tenuta e nelle prospettive di un embrionale movimento contro la crisi.
Ovviamente la dimensione in cui si è svolto il G20 di Londra è un piano di crisi galoppante, che comincia ad avere le sue ricadute sul reale, a danno dei molti soggetti contrari a pagare i costi dati dalle perdite del sistema. In Inghilterra la crisi è più che mai presente, e ciò è riscontrabile nelle molteplici vertenze aperte così come nelle esponenziali richieste di sussidi che vanno in parallelo con i numeri in crescendo del livello della disoccupazione. Durante la settimana contro il G20, nel paese, 3 fabbriche dell'indotto della General Motors sono state occupate dagli operai contro la mannaia della chiusura su loro pendenti: nonostante queste occupazioni sono siano direttamente riconducibili alla mobilitazione anti-G20 il nesso politico di queste con le proteste è palese, scontrandosi contro lo stesso sistema di gestione della crisi. Secondo Nicola Montagna, diversamente da altre letture, ma non per questo meno interessante come commento su cui riflettere, il limite forte delle mobilitazioni di Londra è stato quello di non aver saputo catalizzare la rabbia e lo scontento presente nella società inglese, seppur nella diversità di una composizione sociale delle proteste.

STRASBURGO CONTRO IL VERTICE NATO

04.04.2009
Verso l'assedio del vertice di Strasburgo! Scontri con la polizia, No Nato a ridosso della zona rossa
Mentre la Nato si prepara ad affrontare la sua giornata clou del vertice dell'Alleanza Atlantica, a sessant'anni dalla sua creazione, iniziano a prendere forma anche le mobilitazioni di protesta, le quai hanno visto già nei giorni scorsi momenti di tensione e scontro ai margini di Strasburgo. Viene mantenuto da parte delle autorità il divieto di manifestazione, nel tentativo di contenere la protesta e relegarla ai campi dei vari campeggi anti-Nato organizzati. Vertice Nato più blindato che mai, con un dispiegamento esorbitante di forze dell'ordine alle porte di Strasburgo e la creazione di zone rosse ed arancioni in città.Anche nel pomeriggio di ieri si sono registrate tensioni con la polizia. Gli scontri sono scoppiati quando la polizia in assetto anti-sommossa ha circondato il campeggio anti-Nato di Strasburgo. I manifestanti hanno formato barricate e lanciato sassi e petardi, mentre la polizia ha sparato gas lacrimogeni e usato gli idranti.Oggi invece, fin dal mattino presto si sono date più iniziative contro il vertice Nato, partite tutte dal campeggio alle porte della città francese e dirette verso il centro cittadino, nel tentativo di avvicinarsi il più possibile a Palazzo della Musica, dove si sta tenendo il summit. Un gruppo di manifestanti è riuscito ad avvicinarsi molto, giungendo ad un chilometro dal centro, riuscendo a percorrere almeno 4 dei 5 chilometri che separano il campeggio da Strasburgo. I manifestanti sono divisi in più tronconi, cercano di prendere posizione nonostante la polizia, addobbata in assetto da guerra, è da ore protagonista di un fitto lancio di lacrimogeni per disperdere le manifestazioni. La manifestazione principale blocca il viale centrale di Strasburgo che porta al centro congressi e anche al centro stampa. 25 persone sono state arrestate negli scontri di questa mattina, la metà dovrebbero essere sulla via del rilascio. Una ventina sarebbero anche i manifestanti feriti dalle cariche della polizia.E mentre prosegue il tentato assedio al vertice della Nato, che sta ottenendo i primi importanti risultati, alla luce del fatto che tanti diversi gruppi stanno cercando di accedere in città superando i ponti e forzando i blocchi di polizia, ma anche della capacità di un gruppo di oltre 500 manifestanti di spingersi a ridosso della zona rossa, giungendo fino a place de la Republique, uno degli obiettivi di questa mattina, sicuramente il più più vicino al luogo del summit. Nel pomeriggio si svolgerà il corteo vietato a più riprese dalle autorità e che resta non autorizzato: il concentramento, fissato nella zona industriale di Strasburgo, è stato spostato dalle 13 alle 15 per permettere a tutti i manifestanti bloccati alle ricreate frontiere (per l'occasione) di arrivare e partecipare alla manifestazione contro la Nato.

da: peace Repoter
GRECIA

Sciopero generale in Grecia: dedicato alla lavoratrice immigrata aggredita brutalmente mesi fa.

Margherita Dean per Peace Reporter

Marina splende, abbraccia tutti, amici e sconosciuti; la vittoria dopo almeno un anno di denunce, trattative, scontri e dolore ha finalmente vestito il suo sguardo di fierezza e gratitudine. Oggi, 2 aprile 2009, giorno dello sciopero generale indetto dai sindacati greci "perché non siano i lavoratori a pagare le conseguenze di una crisi causata da chi ha approfittato'' dell'attuale modello economico, le donne delle pulizie vincono.
Era la notte del 23 dicembre scorso, quando Costantina Kuneva, cittadina bulgara residente ad Atene, fu attaccata da due energumeni che, col vetriolo, le distrussero un occhio e le corde vocali, danneggiando l'altro occhio e parti dell'esofago. I media televisivi diedero rilievo all'accaduto con singolare ritardo, così come singolare fu il tergiversare della polizia le cui indagini, a oggi, possono definirsi inesistenti. Tutti però, già allora, cercarono i motivi dell'aggressione nell'attività sindacale della vittima, donna delle pulizie della ditta OIKOMET, appaltatrice dell'ISAP, linea metropolitana che, dal 1976 unisce il settentrione ateniese con il Pireo. Costantina Kuneva, una delle tante responsabili per la pulizia di linea elettrica, università, biblioteche, musei, uffici e quant'altro di proprietà e gestione pubblica; proprio lei, una alla quale si passa accanto di fretta, senza guardarla in viso, mentre spinge secchi d'acqua maleodorante; Costantina, che appena arrivata ad Atene si iscrisse al piccolo sindacato degli addetti all'igiene per divenirne, a breve, segretaria generale. L'immigrata bulgara, la cui disgrazia fece scoprire all'opinione pubblica che gli schiavi moderni esistono anche in Grecia. Costantina Kuneva, infatti, subì un attentato il cui mandante è ufficialmente sconosciuto, peccato che contro il suo datore di lavoro, la OIKOMET, ci fossero già tante denuncie di sfruttamento economico e terrorismo morale nei confronti dei dipendenti. Oggi Costantina è ancora in ospedale ma le sue colleghe, dopo trattative attese per lunghe ore sul marciapiede adiacente all'ISAP, usciranno dall'edificio trionfanti, accompagnate dai sindacalisti dell'ISAP stesso, ormai fedeli alleati della loro lotta.
La strada è gremita di persone, alcune sono presenti dalla mattina presto, altre si uniscono col passare delle ore. Quando le manifestazioni finiscono, arrivano alcuni cortei di sostegno mentre ogni tanto squadre di agenti anti - sommossa provocano i manifestanti; è la voce di Vlassia Papathanasi allora, oresidente del sindacato degli addetti all'igiene, che tuona invitando gli uni a ‘'scomparire'', gli altri a mantenere la calma. Eccola che sale, Vlassia, pare essere protetta dagli astanti, trarre forza dalla loro presenza, sale agli uffici d'amministrazione dell'ISAP. Sono passate oramai più di due ore quando finalmente riappare. Hanno vinto: non ci sarà più nessuna OIKOMET, nessun altro appaltatore, il loro datore di lavoro sarà direttamente l'ISAP. ‘'Sai che abbiamo pensato anche ai nostri colleghi cittadini non europei? Sai che si sono impegnati anche per loro, li assumeranno nonostante le difficoltà legali?''. La guardo rispondendole che hanno appena creato un precedente. O meglio, molti precedenti: sono riuscite a farsi affiancare non tanto dalle grandi organizzazioni sindacali, quanto da movimenti quasi spontanei di solidarietà, sono riuscite a imporre le loro ragioni nonostante l'esiguità degli iscritti alla loro organizzazione, hanno provveduto anche per i diritti dei loro colleghi non europei. ‘'Sì, forse, però stiamo tutti lottando per l'ovvio'', ribatte Ghiannis, ‘'stiamo lottando contro le moderne forme di schiavitù, ci stiamo battendo per la fine del commercio di speranze per cui lo Stato greco assume con contratti a termine i suoi dipendenti. Se le cose non cambiano entro la fine dell'anno io me ne vado in Belgio'', aggiunge. In quel momento, però, il suo telefono squilla, è la mamma di Costantina, vuole sapere tutto, ogni dettaglio, ogni particolare. La voce di Ghiannis si ammorbidisce, ha fatto tanto per lei e Costantina, le racconta della giornata di oggi, tutto contento. Eppure so che da domani i suoi pensieri torneranno ai moltissimi lavoratori in Grecia che di diritti ne hanno sempre meno.