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martedì 25 agosto 2009

Le “gabbie salariali” della Lega sono contro i lavoratori

Il “dibattito ferragostano” sulla reintroduzione - proposta dalla Lega - delle cosiddette “gabbie salariali” è un dibattito per alcuni versi surreale; eppure, anche le sciocchezze estive “calderole” possono essere prese come spunto per svolgere una serie di riflessioni importanti.

Come è noto, l’abolizione delle gabbie salariali è stata un conquista che il movimento dei lavoratori ha realizzato nell’arco di molti anni. Le “gabbie salariali” erano uno dei tanti elementi di “sperequazione” (cioè di diversificazione tra lavoratori) che il fascismo aveva lasciato in eredità alla fine della seconda guerra mondiale. Le differenze salariali erano basate non solo sulla residenza (al Nord si percepiva un salario maggiore, a parità di lavoro, rispetto al Sud e c'erano differenze anche tra una zona e l'altra dello stesso Nord), ma erano basate anche sulle differenze di età (i giovani erano pagati meno degli “anziani”), sulla differenza di genere (le donne erano pagate meno degli uomini). Quella dell’uguaglianza salariale (“a pari lavoro, pari salario”) non fu solo una conquista di equità, ma anche la risposta alla volontà del padronato di usare i differenziali salariali come strumento di ricatto verso ilavoratori.Certo, fu una conquista mai realizzata integralmente, ma rimasta spesso solo sulla carta.

La reintroduzione delle gabbie salariali viene oggi riproposta dalla Lega, ma non è una novità. Il secondo governo Berlusconi ci aveva già provato con i decreti 848 e 848bis nel 2001, senza peraltro riuscirci. Non solo, come segnalavamo già qualche mese fa, l'accordo del 22 gennaio 2009 sul modello di contrattazione collettiva nazionale (cosiddetta “riforma del CCNL”) prevedeva, attraverso il meccanismo della “deroga” la possibilità di diversificare su base territoriale addirittura l'intero contratto nazionale e non solo la sua parte salariale (1).Questo spiega, tra le altre cose, la freddezza – se non addirittura la contrarietà - di Confindustria verso la proposta della Lega. Avendo già a disposizione gli strumenti per realizzare nella sostanza ciò che propone la Lega , i padroni e i loro amici sindacali non hanno alcun interesse ad “accendere i riflettori” su un tema molto delicato solo per consentire ad un partito politico diguadagnare consensi elettorali.

Se usciamo dalla logica strettamente contrattuale/legislativa e scendiamo nel più vasto “mondo reale” osserviamo che con il dilagare dei contratti “atipici” (prendiamo ad esempio i co.co.pro.) in cui non esistono livelli retributivi di riferimento, ma tutto è lasciato alla “libera contrattazione delle parti” ovvero alla possibilità dei padroni di prendere per il collo i lavoratori, la diversificazione territoriale del salario è già in atto. Vigendo la “legge bronzea” del mercato le zone a minore opportunità lavorativa offrono retribuzioni medie più basse di quelle dove le opportunità sono maggiori. Su scala internazionale la cosa è visibilissima quando confrontiamo, solo per fare un esempio, le retribuzioni dei lavoratori europei e quelle dei lavoratori africani o asiatici.
Si vede ancora bene la differenza tra i salari italiani e quelli rumeni. Ma, indipendentemente da quello che dice la Lega , differenze di salario sussistonoanche tre la varie aree del paese. Ad esempio, la CGIA di Mestre ha prodotto uno studio sulle retribuzioni in Italia nel quale ha dimostrato che il salario medio cala man mano che ci si sposta verso Sud.

Ma ci sono anche riduzioni del salario su base territoriale che sono state attuate in altri modi meno eclatanti, ma altrettanto concreti. Si pensi agli accordi (sottoscritti da CGIL-CISL-UIL) per l'avvio dello stabilimento FIAT di Melfi: livelli contrattuali più bassi (e infatti la principale richiesta della famosa “mobilitazione dei 21 giorni” del 2004 era quella di avere salari uguali a quelli del resto del gruppo FIAT), diritti semi-azzerati con totale libertà da parte dell'azienda di applicare turnazioni arbitrarie e di erogare provvedimenti disciplinari a man bassa.
Dicevamo all'inizio che il dibattito sulla reintroduzione delle “gabbie salariali” è surreale perché dietro ad una proposta che potrebbe apparire a prima vista nell'interesse dei lavoratori del Nord e persino “formalmente equanime” (a parità di lavoro, parità di condizioni di vita, laddove la sola “parità del salario” si rivelerebbe uno svantaggio per chi risiede nelle zone che hanno un costo della vita medio più alto si cela invece una proposta che colpirebbe non solo i lavoratori del Sud, ma anche quelli del Nord, favorendo solo il padronato.

Come riconosce anche Luciano Gallino , la riduzione del salario al Sud avrebbe come effetto, ovviamente, quello di far accorrere un gran numero di “terroni” al Nord (così come l'afflusso crescente di immigrati non è che l'effetto del progressivo impoverimento dei loro paesi d'origine).
Come Gallino, anche Bossi e Calderoli - pur non essendo delle aquile - sanno bene che per la “legge” dei vasi (sociali) comunicanti, così come i capitalisti inseguono il massimo saggio di profitto, allo stesso modo i lavoratori inseguono il massimo “saggio di salario”. Ricattati dalla mancanza di lavoro e dai bassi salari nelle loro zone di origine, gli immigrati dal Sud sarebbero disposti a lavorare a condizioni contrattuali peggiori di quelle offerte ai “nordici”; questo permetterebbe ai padroni di ricattare i nordici per costringerli ad accettare le condizioni contrattuali (precarie) e salariali offerte ai “sudisti”.

E questo è il primo ricatto. Ma ci può essere un altro tipo di ricatto per il quale non c'è neppure bisogno della presenza al Nord di lavoratori meridionali. Un imprenditore potrebbe, ad esempio, presentarsi in azienda e minacciare il trasferimento delle produzioni/attività al Sud (dove i costi della forza-lavoro sono più bassi, dove il costo del denaro è minore, dove si può accedere agli sgravi contributivi e fiscali previsti per le zone di crisi...) e poi ipotizzare la sospensione del trasferimento se i lavoratori del Nord fossero disposti ad accettare una riduzione dello stipendio, ecc... Non è un esempio remoto. È un esempio già in atto (vedo l'esempio della FIAMM di Montecchio in Veneto). La reintroduzione delle gabbie salariali renderebbe questa possibilità ancora più concreta.

Ecco come la diversificazione salariale agirebbe sul mercato del lavoro spingendo verso il basso le retribuzioni, non solo dei lavoratori del Sud, ma anche dei lavoratori del Nord. E come questo aprirebbe un circolo vizioso (perché una volta ridotte le retribuzioni al Nord si dovrebbe tornare a diminuire quelle del Sud “in nome dei diversi costi”, ecc...) e così via.
Questi esempi destituiscono completamente di fondamento l'auto-rappresentazione che la Lega cerca di offrire di sé come di un partito interclassista che “fa gli interessi del Nord”. Certo, molti operai votano Lega, ma questo avviene perché non hanno capito nulla della natura di classe di quel partito e si lasciano abbindolare dalle roboanti frasi razziste e xenofobe dei suoi beceri esponenti. Questi operai che si accontentano di “brutte parole” senza neppure avere riscontri effettivi nei propri interessi sociali fanno veramente pena e testimoniano quale sia il livello di disorientamento nel quale si trovano i lavoratori in questa fase, grazie anche alle continue porcate fatte dalla cosiddetta “sinistra”.
Soluzioni non ce ne sono. Dove vige il mercato capitalistico sono i capitalisti che vincono. Punto e basta.

Magari i lavoratori – del Nord e del Sud – potrebbero evitare di sottoscrivere il proprio sfruttamento continuando a votare e sostenere (più o meno convintamente) i partiti attualmente esistenti che sono tutti (da destra a “sinistra”) più o meno amici del padrone e, di conseguenza, più o meno nemici dei lavoratori. Dovrebbero fare come i padroni: difendere i propri interessi come classe sociale, contro le classi che hanno opposti interessi. Ma questa si chiama lotta di classe e di questi tempi non va molto di moda. È roba del passato, roba ormai tramontata. Peccato, perché invece lo sfruttamento della fatica, del cervello, della vita dei lavoratori - italiani ed immigrati - quello non tramonta mai.

Agosto 2009

PRIMOMAGGIOFoglio per il collegamento tra lavoratori, precari e disoccupati

mercoledì 12 agosto 2009

Innse: arriva l'accordo, vincono gli operai!

da infoaut

Alla fine hanno vinto loro! Hanno avuto ragione di un padrone ignobile e gretto, di istituzioni lombarde filo-padronali e leghiste che intendevano speculare sulla vita di 5o famiglie. Hanno vinto contro tutto e tutti, sostenuti in basso da molt* in questo agosto milanese desolato, caldo e come sempre molto spopolato. Hanno mostrato che resistere si può anche contro i poteri tante volte imbattibili dello Stato, dei suoi partiti, dell'Immobiliare...

Al termine di una interminabile trattativa è stato raggiunto alla mezzanotte di ieri l'accordo per la vendita della Innse di Milano alla cordata guidata dalla Camozzi di Brescia. Lo stabilimento non sarà smantellato e l'azienda metalmeccanica continuerà a produrre. I quattro operai che con un delegato della Fiom si trovavano da oltre una settimana su una gru all'interno della fabbrica sono scesi e hanno riabbracciato compagn*, parenti e colleghi e amici in festa.

La richiesta dei lavoratori era il totale riassorbimento dei 49 operai, condizione questa irrinunciabile. Le altri condizioni erano rassicurazioni sul piano industriale, sui tempi della ripresa dell’attività produttiva e sui percorsi per l’accesso alla cassa integrazione e/o ad altri ammortizzatori sociali. Hanno vinto su tutta la linea ed a mezzanotte e ventiquattro è arrivato il via libera dalla nuova proprietà. E a questo punto i lavoratori hanno potuto iniziare la festa.

Se la Innse insegna qualcosa - ed ha molto da insegnare! - è proprio la lezione sempre uguale per cui non si vince (anche poco) se non battendosi e mettendo in gioco tutto quanto è possibile.
Gli operai della Innse e tutte e tutti le/i compagn* che li hanno sostenuti in queste ultime 2 settimane (e in un anno lungo di assemblee, presidi, sit-in, cariche della polizia e resistenza anti-padronale) hanno imposto modi e tempi di una battaglia tanto alla loro controparte padronale quanto ad un sindacato semi-morente, obbligando l'istituzione a ridiventare arbitro-mediatore di una vertenza che questi (padronato,istituzioni,sindacato) già consideravano archiviata e non più questionabile!
Hanno vinto gli operai e con loro tutti noi, i movimenti e tutti quei soggetti che si battono per la trasformazione e i diritti di chi sta in basso. La vicenda Innse ri-insegna che non c'è vittoria (per noi) se non ribaltando i rapporti di forza, abbandonando al loro destino le pratiche perdenti e inutili della concertazione e degli accordi al ribasso!
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E questa mattina, per la prima volta in 10 giorni, l'ingresso della Innse - segno tangibile di una vittoria molto materiale - non era presidiato dalle forze dell'ordine con gli scudi. I reparti mobili della polizia si sono allontanati. Una scritta è comparsa all'ingresso degli stabilimenti: "hic sunt leones". Poche persone al momento (ore 9) davanti alla fabbrica. Ma tutti annunciano una grande festa nel corso della giornata.
La voce degli operai. I primi commenti entusiasti per l'accordo trovato tra la gente davanti all'entrata degli stabilimenti dell'Innse.
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Rassegna stampa:
Repubbica: Innse, gli operai salvano la "loro" fabbrica

giovedì 6 agosto 2009

Continua la lotta degli operai Innse


Da INFOAUT.


La Regione si lava pilatescamente le mani. Gli operai forzano il blocco della polizia. Una cinquantina di loro tenta di rientrare in fabbrica, quattro prendono il controllo di un carro ponte. Alta tensione in via Rubattino. Corteo fino a Lambrate. Il presidio diventa permanente!Da 2 giorni gli operai della Innse appoggiati da studenti, compagni e molti solidali stanno portando avanti una battaglia di resistenza e dignità per difendere il diritto alla sussistenza di 50 operai e delle loro famiglie. Una fabbrica ancora produttiva che negli ultimi mesi è stata al centro di una grossa battaglia politica, forte soprattutto per il suo significato simbolico. Ieri si sono susseguite conferenze stampa e presidi. Oggi i metalmeccanici della Fiom hanno incrociato le braccia per 2 ore per sostenere la lotta degli operai della Innse Press. Uno sciopero nazionale, indetto dalla Fiom, per difendere la storica fabbrica di via Rubattino. Dalle 17 di oggi, presidio permanente fuori dallo stabilimento. Presente anche Gianni Rinaldini, a portare la solidarietà di tutta la categoria.«Abbiamo presentato una denuncia all'ispettorato del lavoro - ha detto Giorgio Cremaschi, della segreteria nazionale della Fiom - perché non sappiamo chi sono quei lavoratori né con quale contratto e a quali condizioni stanno lavorando».Intorno amezzogiorno si sono verificati alcuni momenti di scontro tra polizia e operai davanti alla Innse. Un gruppo di operai ha tentato di forzare il blocco di polizia davanti ai cancelli per prendere il controllo di alcune gru e macchinari. Da mezzogiorno quattro operai , e un sindacalista Fiom si sono abbarbicati su una gru all'interno dello stabilimento. Si dicono determinati a resistere fino a quando non arriverà una soluzione reale.


Dopo il blitz sulla gru gli operai della innse e i loro sostenitori si sono mossi in corteo verso la stazione FS di Lambrate mentre continua il presidio e rimangono sulla gru gli operai che sono riusciti a entrare in fabbrica eludendo il gigantesco schieramento di forze di polizia e carabinieri.Il tentativo di forzare il blocco era giunto dopo l’ennesima notte di presidio. Gli operai dicono di essere pronti a resistere a oltranza per salvaguardare il posto di lavoro e la fabbrica. Ma la proprietà sembra non voler cedere e, anche questa mattina gli operai delle ditte acquirenti dei macchinari da dismettere, sono entrati per smontarli.Ieri era fallita la mediazione tra le istituzioni e gli operai. Il vertice, finito a tarda sera, ha tolto ogni speranza: la Prefettura ha respinto la richiesta di sospendere lo smontaggio dei macchinari in attesa che un nuovo tavolo tra istituzioni e parti in causa, cioè i diversi proprietari, valuti una soluzione alternativa.L’unica certezza è quello del presidio davanti all’azienda, ben intenzionato a durare ad oltranza. In rete si suseeguono intanto appelli e inviti a portare acqua, cibo e la propria presenza solidale ad una battaglia che si preannuncia lunga...

lunedì 3 agosto 2009

La Polizia sgombera la Innse, Blocchi in tangenziale e manganellate

E' in corso dalle prime ore della mattinata lo sgombero della Innse, la fabbrica al centro di una vertenza che da mesi vede impegnati, in un percorso di resistenza ad oltranza, 50 lavoratori dell'azienda che si contrappongono alla volontà di dismissione da parte della proprietà.

Rimangiandosi tutte le promesse di tregua estiva questa mattina si sono presentati i poliziotti in assetto anti-sommossa per sgomberare l'Innse dopo un anno e più di resistenza.

Per meglio gestire lo sgombero, la Polizia ha effettuato nella notte una trentina di fermi preventivi tra gli operai-presidianti. Molti sono stati in questi mesi i tentativi di subdola infiltrazione nella fabbrica tentati dai proprietari; squallide operazioni sempre sventate dalla vigilanza operaia.
Il presidio di decine di operai, compagn* e sindacalisti è ora affrontato da un centinaio di agenti intervenuti malgrado le assicurazioni garantite ai lavoratori nelle scorse settimane dalle istituzioni lombarde. La polizia serve anche a "proteggere" i "tecnici" che stanno valutando quali macchinari sottrarre al controllo operaio.

Quello che è certo è che sicuramente la storia non finira qui...
Ci vorranno giorni per smontare le macchine, quindi non mancheranno iniziative di lotta e protesta , alcune già improvvistae nella mattinata.

Cronaca aggiornata
12.50 Un gruppo di compagni è riuscito a bloccare momentaneamente la Tangenziale Est di Milano. Immediata la reazione poliziesca: diistribuita la consueta dose di manganellate. Bloccata ora l'uscita Rubattino.

12:34 Partito un mini corteo, cariche della polizia.

12:00 La Polizia è dentro la fabbrica. Presenti di fronte ai cancelli un centinaio di persone.

10:55 Diramata una richiesta di aiuto e presenza da parte degli occupanti l'INSSE. La polizia sta chiudendo le strade di accesso, ma è possibile ancora lasciare le auto e convergere a piedi. L'indirizzo è via Rubattino, 81 - Milano.