IN PRIMO PIANO

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lunedì 29 marzo 2010

Milano: operai occupano la Colombo

E' in corso l'occupazione degli uffici della Carlo Colombo in via B.Crespi 1t, a Milano, da parte di una trentina di operai in CIG.

La C.Colombo, ditta all'avanguardia nella lavorazione del rame aveva deciso la chiusura dello stabilimento di Agrate Brianza il 31 dicembre 2008, trasferendo tutta la produzione a Porcigatone (CR) e impegnandosi, in sede di accordo sindacale che aveva messo fine al picchetto permanente, nella ricollocazione degli operai e/o nel loro accompagnamento alla pensione
A distanza di 15 mesi nulla è stato fatto in questo senso e la risposta degli operai, organizzati in comitato di lotta indipendente, dopo varie iniziative di protesta, è stata quella di passare all'occupazione degli uffici. Attualmente la situazione è tranquilla rispetto all'intervento delle forze dell'ordine, l'azienda tenta di sorvolare sull'episodio, mentre i lavoratori, che controllano un intero piano dell'edificio, si stanno per riunire in assemblea e decidere i prossimi passaggi.

Aggiornamento: L'occupazione degli uffici alla Carlo Colombo è terminata alle 16 circa.

Le pressioni delle forze dell'ordine, arrivate verso le 12.00 sono aumentate e hanno dovuto chiamare in campo, per la prima volta, la prefettura, come garnate del rispetto degli accordi presi nel 2008. Pur senza alcuna fiducia in questa forma di "garanzie" è fuori dicussione il fatto che solo l'azione diretta degli operai ha potuto creare alcune contraddizioni a livello poltico su cui si costruiranno le prossime forme di mobilitazione.Nei prossimi giorni, con tutta probabilità verrà organizzata un'assemblea operaia per discutere sul proseguimento dell'iniziativa.

Il comunicato dei lavoratori:

Oggi lunedì 29 marzo 2010 i lavoratori in cassaintegrazione della Carlo Colombo Spa hanno occupato gli uffici della sede centrale di Milano, in via B.Crespi 17, per protestare contro l'atteggiamento di totale chiusura dell'Azienda riguardo agli accordi presi in tema di ricollocazione degli esuberi, prepensionamenti ecc.
I lavoratori sono decisi a mantenere l'occupazione finché l'Azienda non darà delle serie garanzie di voler rispettare gli accordi presi più di un anno fa con i lavoratori e il sindacato.
La Carlo Colombo s.pa è una società produttrice di trafilati e piatti in rame. Nel gennaio 2009 attiva una procedura di mobilità per 81 lavoratori nella sede di Agrate Brianza con conseguente chiusura del sito. Con accordo firmato dinanzi al Ministero del lavoro si impegna al mantenimento in CIGS per due anni (verbale di accordo sindacale dell'ottobre 2008).
Ad ottobre 2009 la Confindustria comunica che non ci sono le condizioni per la concessione del secondo anno di CIGS perché non si è raggiunto il target. Gli esuberi non sono stati ben gestiti. Tale compito spettava alla Carlo Colombo, che se ne lava le mani e la soluzione è 77 lavoratori in mobilità! Dopo le proteste dei lavoratori, la Regione concede per il 2010 la Cassa Integrazione in deroga, ossia l'Azienda scarica sulla collettività i costi che si era impegnata a versare lei.
La Carlo Colombo produce componenti in rame che nel nostro paese non certo si può definire un mercato in crisi, però preferisce chiudere il sito di Agrate e spostare la produzione altrove per massimizzare i suoi profitti. I soggetti pubblici che hanno supervisionato l'accordo e gli enti preposti al monitoraggio dell'industrializzazione e dei livelli occupazionali cosa fanno? Nulla, stanno a guardare altre 77 famiglie che resteranno senza mezzi di sostentamento.
I lavoratori decidono di entrare in uno stato di agitazione permanente. Abbiamo fatto due manifestazioni a Milano sotto gli uffici della ditta, siamo andati alla Regione, alla Provincia, al Comune di Agrate, abbiamo fatto un picchettaggio ai cancelli dell'altro stabilimento della Colombo, a Pizzighettone, ma l'Azienda continua a rimanere indifferente agli impegni presi.
Per questo, se l'Azienda non si interessa di ricollocarci presso altre aziende come si era impegnata a fare, abbiamo deciso di ricollocarci noi nei suoi uffici, a tempo indeterminato.

Il Comitato dei Lavoratori della Carlo Colombo

domenica 28 marzo 2010

NON RESTIAMO INDIFFERENTI! VOGLIAMO SPAZI SOCIALI!

Nella serata di giovedì 25 Marzo 2010, in Consiglio Comunale a Nerviano, era in programma un ordine del giorno sulla proposta (avanzata dalla Lega Nord) di istituire una Consulta Giovani; richiesta fatta specificamente a seguito della nostra occupazione dell’area dismessa Ex Ipi-System. Dato che l’argomento in discussione era esplicitamente riferito alla nostra scelta di denunciare, anche attraverso l’occupazione di uno stabile abbandonato da decenni, la mancanza di spazi sociali e di aggregazione giovanile sul territorio; e dato che tale argomento riguardava il futuro dei giovani e della cittadinanza nervianese, in quanto sanciva la fine di ogni prospettiva pubblica in materia di spazi sociali comunali; abbiamo chiesto di poter intervenire e portare la nostra voce ed il nostro pensiero nelle sedi istituzionali dove si amministra il bene comune. Nonostante ciò, l’attuale maggioranza ci ha negato il diritto di parola. Diritto al quale non abbiamo rinunciato, decidendo di intervenire comunque, interrompendo il consiglio comunale e contravvenendo ad una decisione profondamente anti-democratica; considerata la rilevanza dell’argomento in discussione ed il nostro diretto coinvolgimento.

Con la scelta di sgomberare la Corte Popolare Occupata questa Amministrazione avrà certamente ripristinato la normalità a Nerviano. Una normalità fatta di giovani costretti a migrare in Comuni limitrofi per poter esprimere le proprie potenzialità creative, artistiche, musicali e culturali; giovani costretti a rifugiarsi nei cinema multisala, dove la cultura si “consuma” e non si coltiva; giovani costretti a riparare nei bar o nelle piazze, per poi vedersi cacciare dalla Polizia Locale perché accusati di infastidire il vicinato e considerati responsabili di una presunta insicurezza sociale. Una normalità fatta di persone costrette a dover pagare delle strutture comunali (quindi pubbliche) per esercitare il proprio diritto di associarsi, discutere, condividere idee ed esperienze; mentre le poche aree pubbliche (vedi Area Cinofili) vengono gestite in modo esclusivo e privatistico: il paradosso, tutto nervianese, di aree pubbliche e al tempo stesso inaccessibili ai cittadini. Persone costrette a veder crescere le nuove generazioni in un paese che non è più collettività, ma luogo di transito sull’asse del Sempione, noto per lo shopping del fine settimana in uno dei numerosi centri commerciali. Una normalità fatta di persone, uomini e donne, costrette a ricorrere ad agenzie interinali alla ricerca di un impiego precario, a progetto, sottopagato; questo a causa dell’assoluta mancanza di servizi pubblici comunali a sostegno del reddito e dell’occupazione. Una normalità fatta di frazioni dimenticate, dove alla mancanza di servizi e luoghi pubblici di socializzazione si accompagna il progressivo rischio di un consumo di suolo che non accenna a fermarsi. Nel nome dell’interesse di pochi e a scapito di servizi pubblici, del bene comune e della vivibilità del territorio.

Noi non ci adeguiamo a questa normalità; perché crediamo che i diritti dei cittadini debbano essere garantiti e difesi da chi ci amministra. Chiediamo che a Nerviano vengano realizzati spazi pubblici dove la cittadinanza tutta possa organizzare la propria socialità ed incrociarsi con altre socialità, in una trasversalità generazionale che possa usufruire ed essere essa stessa creatrice di cultura. Spazi sociali adibiti a sale prove, concerti, auditorium, cineforum, produzioni artistiche, incontri, internet point, teatro, corsi, mostre, laboratori. Spazi dove l’accesso sia privo di ostacoli rispetto ad ogni tipo di esclusione.

Inutile ricordare ai nostri Consiglieri Comunali come i giovani nervianesi abbiano ripetutamente espresso nel corso degli anni il bisogno di luoghi fisici di aggregazione, socializzazione e libera espressione culturale (basti ricordare i sondaggi sovvenzionati dal Comune, il percorso di co-progettazione della Ex Meccanica, il corteo cittadino del 6 Febbraio 2010,… solo per fare alcuni esempi). Basterebbe leggere il programma elettorale per il quale l’Amministrazione è stata eletta dai cittadini nervianesi! E’ inoltre davvero sorprendente come la Lega Nord, “il partito del fare”, si faccia oggi portavoce della proposta di istituire una Consulta Giovani a Nerviano. Proposta elaborata proprio da chi si è assunto la responsabilità di chiudere i Centri di Aggregazione Giovanile sul territorio comunale; da chi non ha esitato un minuto a criminalizzare l’occupazione dell’area dismessa Ex Ipi-System, ergendosi a difensore di una legalità senza diritti. Giudichiamo pertanto la proposta di realizzare una Consulta Giovani come un vuoto tentativo bi-partisan per scrollarsi di dosso la responsabilità di anni di mancati interventi, di scelte politiche irresponsabili, di miopia nei confronti dei reali bisogni della cittadinanza. Una proposta pretestuosa e utile solo a ritardare qualsiasi azione concreta in materia di spazi sociali pubblici a Nerviano, e a nascondere le responsabilità di chi ci amministra e di chi ci ha amministrato in passato. Utile per la Politica e la vicina campagna elettorale, ma drammaticamente lontana dai bisogni della collettività!

A riprova di questa continuità tra maggioranza ed opposizione, vi è la partecipazione del Sindaco di Nerviano alla presentazione ufficiale del candidato della Lega Nord, Raffaele Cucchi, alle elezioni comunali di Parabiago. Il nostro Sindaco ha portato la sua vicinanza al candidato leghista, insieme a numerosi esponenti locali, regionali e nazionali (ovviamente tutti in area Lega). Eccetto uno, il Sindaco di Nerviano, che ha dichiarato: “In politica contano i rapporti tra le persone”. Non certo i fatti concreti, non certo le idee ed i programmi elettorali (quelli non si rispettano), non certo i bisogni espressi da giovani e cittadini nervianesi. A noi questi sipari elettorali non interessano, ne tantomeno i giochi di partito. Continueremo a batterci per una Nerviano diversa.

BASTA CHIACCHIERE! VOGLIAMO SPAZI SOCIALI!

lunedì 22 marzo 2010

IL LAVORO SOTTO OCCUPAZIONE

LA SITUAZIONE DELLE OPERAIE/OPERAI PALESTINESI SI FA SEMPRE PIÙ DRAMMATICA. L’ESERCITO DI OCCUPAZIONE SIONISTA CONTINUA A DEVASTARE L’ECONOMIA PALESTINESE, GIÀ MOLTO PRECARIA O ADDIRITTURA PRIMITIVA. D’ALTRA PARTE LA CORRUZIONE E APPROPRIAZIONE DEI FONDI PUBBLICI DA PARTE DELL’ANP COSTITUISCE UN ULTERIORE SALASSO ALLE GIÀ ESIGUE RISORSE DISPONIBILI. LE POLITICHE ISRAELIANE DI ESERCITARE IL MASSIMO CONTROLLO SULLE MERCI IN ENTRATA E IN USCITA, PERMETTONO ALL’ESERCITO D’OCCUPAZIONE DI STRANGOLARE QUALSIASI TENTATIVO DI SVILUPPO “INDUSTRIALE”, QUESTO ALLO SCOPO DI RAFFORZARE LA DIPENDENZA DEI PALESTINESI DAL MERCATO SIONISTA E ASSOGGETTARLI AGLI INTERESSI IMPERIALISTI. NON MIGLIORE È LA SITUAZIONE DEI LAVORATORI ALL’INTERNO DELLA PALESTINA STORICA (ISRAELE), DOVE LE POLITICHE RAZZISTE E NEOLIBERISTE DETERMINANO UNA STRATIFICAZIONE RADICALE DEI DIRITTI POLITICI E SINDACALI, CON LA DIFFERENZIAZIONE DEI LAVORATORI SU BASE ETNICA E DI NAZIONALITÀ. UN MODELLO DI DISCRIMINAZIONE APPLICATO ANCHE DAI CAPITALISTI ITALIANI, PER LO SFRUTTAMENTO DELLA FORZA LAVORO IMMIGRATA, VESSATA DAL DOPPIO STANDARD NELLE CONDIZIONI DI LAVORO RAPPRESENTATO DAL RICATTO E DAL RAZZISMO

INCONTRO PUBBLICO CON IL COMPAGNO

WEHBI BADARNI
SINDACALISTA ED
ATTIVISTA PALESTINESE

SABATO 27 MARZO – ORE 16.00
VILLA PALLAVICINI – VIA MEUCCI, 3
(quartiere Adriano fermata autobus 56)

PROMUOVONO L’INIZIATIVA:

COMITATO “Ricordare la Nakba”, SLAI COBAS,
RESISTENZE METROPOLITANE, CSA VITTORIA

giovedì 18 marzo 2010

LE DONNE SONO PERSONE NON PROPRIETA'!

21 MARZO 2010

GIORNATA DI SOLIDARIETA' PER LE DONNE VITTIME DEL FONDAMENTALISMO.

ORE 18:00
APERITIVO con MOSTRA DI GRAZIELLA LONGONI in delegazione a Kabul nel 2003

Presentazione del Coordinamento Italiano Sostegno Donne Afghane CISDA
le quali non potranno purtroppo partecipare all'iniziativa per imprevisti dell'ultimo momento,
ma ce ne parleranno le raggazze del Collettivo Oltre il Ponte
Interverrà durante la serata Arifa Hashmi .
Una donna di origine Pakistana , che ci parlerà della condizione della donna in Pakistan, una condizione di inferiorità e schiavitù in cui sono costrette a vivere. Strumenti passivi di una società ancora, ostinatamente, feudale e patriarcale.
Il livello di evoluzione socio-culturale delle donne in Pakistan è bloccato al XIV secolo, quello degli uomini al XVIII.
"Forza dormiente" è stato definito il mondo al femminile in Pakistan, ovvero soggetti che non hanno ancora raggiunto consapevolezza di sé e del proprio ruolo, non solo all’interno della società pakistana, ma nel mondo intero. Assenti dalla vita politica e soffocate da un prepotente potere "maschile", che spesso ricorre all’acidificazione per "punire l’arroganza di un rifiuto", le donne subiscono inermi le scelte di una società maschilista e violenta.

ORE 20:00

PROIEZIONE FILM D'ANIMAZIONE A FUMETTI : "PERSEPOLIS" di Marjane Stratapi
LOTTARE CONTRO L'OMOFOBIA,
LA DISEGUAGLIANZA SOCIALE,L'OPPRESSIONE DI GENERE, IL RAZZISMO E LA VIOLENZA CONTRO LE DONNE E LA GUERRA!!!


c/o sala civica S.Pertina - Centro Integrato Ex Meccanica
Via Circonvallazione,1 - NERVIANO -MI-
COLLETTIVO FEMMINISTA oltre il Ponte http://www.collettivoltreilponte.it/

RECENSIONE PERSEPOLIS:
La storia di una donna e del suo Paese:L'Iran.Persepolis è un film d'animazione del 2007, candidato all'Oscar, basato sulla graphic novel autobiografica omonima. Il film è stato scritto e diretto da Marjane Satrapi, l'autrice delle memorie, e da Vincent Paronnaud. La storia (che è un romanzo di formazione) inizia poco prima della Rivoluzione iraniana. Nel film viene mostrato, inizialmente attraverso gli occhi di Marjane a nove anni, come le speranze di cambiamento della gente furono infrante lentamente quando presero il potere i fondamentalisti islamici, obbligando le donne a coprirsi la testa e imprigionando migliaia di persone. La storia si conclude con Marjane, ormai ventunenne, che espatria. Il titolo è un riferimento all'antica città storica di Persepoli.Il film ha vinto il Premio della giuria al Festival di Cannes 2007[1] ed è stato distribuito in Francia ed in Belgio il 27 giugno 2007. Nel suo discorso durante il ricevimento del premio a Cannes, Satrapi ha detto:
"Nonostante questo film sia universale, voglio dedicare il premio a tutti gli Iraniani."

lunedì 15 marzo 2010

Giù le mani dai nostri ospedali!

Nel pieno rispetto del più scontato dei copioni di una democrazia da operetta, non poteva mancare un’inaugurazione preelettorale…
Questa volta, però, la puzza di ipocrisia è veramente insopportabile, nemmeno il profumo dello stucco e della vernice dati in fretta e furia dai poveracci che hanno lavorato giorno e notte per garantire che tutto fosse pronto, nemmeno quello della cera che ha tirato a lucido i pavimenti, riescono a coprirla.
Per questa ragione, abbiamo cercato di proteggerci il naso.
Oggi inaugurano il nuovo ingresso di un Ospedale che non più tardi di ieri, gli stessi inauguratori davano per spacciato!
Con un inguardabile faccia di palta, fino a ieri erano in piazza, in mezzo al popolo, a raccogliere le firme per dare un “futuro” a questo ospedale o rilasciavano interviste ai giornali locali fotografati con la virile tenuta di chi deve essere pronto a fronteggiare le emergenze e oggi, messo il vestito buono, non vogliono perdere l’occasione di farsi immortalare al fianco del potente di turno, quello che veramente deciderà il destino di questa struttura e al quale, ne siamo sicuri, si accoderanno in silenzio.
Oggi, i nostri inauguratori, senza nemmeno preoccuparsi di dare uno sguardo a cosa succede quotidianamente al di là di questo nuovo ingresso, si riempiranno la bocca e ci riempiranno le orecchie, con parole come “rilancio” ed “eccellenze” ma domani, nel chiuso dei loro uffici, continueranno imperturbabili a definire i piani che, attraverso nuove esternalizzazioni, attraverso nuovi tagli al personale, attraverso nuove chiusure di posti letto, avanzeranno inesorabilmente verso una silenziosa privatizzazione della sanità, in generale e del nostro ospedale, in particolare.
Oggi nemmeno si renderanno conto che sotto i loro piedi, nel vero senso della parola, si nasconde un vero e proprio monumento allo spreco del denaro pubblico, nessuno si porrà il problema di fargli vedere migliaia di metri cubi ristrutturati pochi anni fa e lasciati al più completo abbandono e all’incuria.
Nessuno avrà il coraggio di raccontargli perché un blocco operatorio nuovissimo non è dotato di una centrale di sterilizzazione ad esso adiacente e che, ogni giorno, tutta la strumentazione chirurgica deve viaggiare per sei piani per poter tornare efficiente.
Nessuno metterà in evidenza il fatto che nel solo 2009, grazie alla chiusura di interi reparti, più di 500 persone che si sono presentate al nostro Pronto Soccorso hanno dovuto essere ricoverate in altre strutture; nessuno si porrà il problema di raccontare loro quante e quali difficoltà comportano per i pazienti, per i medici e per tutti gli operatori, “parcheggiare” nei reparti specialistici uomini e donne destinati ad un ricovero nelle medicine.
Nessuno si sognerà di invitare i nostri illustri ospiti a condividere con noi un buon pasto nella mensa aziendale che, di appalto in appalto è diventata una cosa disgustosa o, peggio ancora, di condividere il contenuto di uno dei vassoio che distribuiamo a pranzo e cena ai nostri degenti.
Non pensiamo che il nostro Ospedale sia un Inferno e non crediamo che chi entra qui debba “lasciare ogni speranza”, anzi, è proprio perché non abbiamo perso la speranza di non vedere mai più dei politici che utilizzano un ospedale come strumento di propaganda elettorale, che oggi siamo qui, ed è perché non abbiamo perso la speranza che la coscienza di uomini e donne, che solo un accidente può trasformare in “pazienti”, non sia del tutto appiattita e che si possa trasformare in momenti di lotta per la difesa dei propri interessi,, accomunata alle lotte per la difesa della dignità di chi qui dentro ci lavora, che oggi siamo qui!

Slai CoBasA.O. Salvini

Su la testa! Scioperi e picchetti crescono nel far west della logistica lombarda

da Senza Censura

Dopo la vittoria alla Fiege-Borruso di Brembio, un operaio che è qui presente mi ha detto questa frase: “finalmente siamo riusciti ad alzare la testa”. Io, per parlare di Brembio, parlerò solo di questa frase, cercando di tirare i punti essenziali e le cose importanti che credo dobbiamo ricordare per sempre. Finalmente siamo riusciti ad alzare la testa. “Finalmente”: finalmente si dice quando c’è una speranza, un sogno, lo vuoi realizzare ma non riesci, ci provi ma non riesci mai. Però quando ci riesci dici: “finalmente”! “Siamo”: non ha detto “sono riuscito”, ha detto “siamo riusciti”. Siamo vuol dire noi, vuol dire unità, vuol dire che quel sogno non era solo suo ma anche di altri, e anche di tutti noi. “Riusciti”: vuol dire che puoi anche perdere, hai perso tante volte, però questa volta sei riuscito. Quando “si riesce”, si cercano i motivi del perché “sono riuscito”. Sono riusciti perché si sono ribellati, hanno voluto cambiare le loro condizioni di vita, non hanno accettato lo sfruttamento. “Alzare” è un movimento: da una situazione giù, siamo saliti sopra facendo la lotta tutti insieme. Quando si fa la lotta si sale di livello. Di questo salire di livello ha bisogno tutta la classe operaia. Bisogna salire di livello così puoi riuscire. Se tu stai lì non riuscirai mai; se sei solo, non riuscirai mai, se siamo divisi rimaniamo sempre giù. Quando siamo uniti saliamo un po’ sopra e per questo quando per esempio vai a fare una trattativa riesci a dire ad un padrone che ha i miliardi: questo che fai per me fa schifo, lo dobbiamo cambiare, non accetto queste condizioni. Vuol dire che sei salito di livello. “La testa”: vuol dire intelligenza, vuol dire pensare per esempio. Dice (credo) Descartes: “io penso quindi sono”; quindi facendo la lotta ed essendo riuscito prima ero nullo, non ero nessuno, adesso sono, sono qualcuno, sono in una classe che ha alzato la testa, che ha ottenuto il rispetto. Siamo riusciti tutti ad alzare la testa, facciamo in modo di non abbassarla mai». (Da un intervento in assemblea di un operaio di una cooperativa in appalto presso un deposito logistico di Turate)

el numero 28 di SC abbiamo cercato di fornire un quadro delle lotte che stanno interessando il settore della logistica lombarda, attraverso l’esperienza vincente degli operai della Bennet di Origgio. Torniamo sull’argomento perché come concludevamo in quell’articolo, la parola d’ordine “fare come a Origgio” si è concretizzata in una serie di scioperi, picchetti, vertenze che hanno interessato altre cooperative in appalto presso importanti magazzini logistici della cintura milanese. Attraverso una breve cronistoria degli episodi più salienti (1), vogliamo ripercorrere questo ciclo di lotte sforzandoci di evidenziarne alcuni nodi essenziali che possono fornire elementi di dibattito intorno alla capacità di diffusione, alle modalità e alla composizione di classe che ne è protagonista (2). In quest’ottica conviene fare qualche passo indietro, più precisamente al 2005, quando cominciò ad emergere all’ortomercato di Milano la situazione drammatica dei lavoratori; una realtà caratterizzata dal ricorso massiccio al lavoro nero, e dall’utilizzo sempre più intenso di imprese e cooperative spuntate come funghi specializzate nella fornitura di manodopera, per lo più immigrata, a costi bassissimi. La SO.GE.MI, società che gestisce il mercato ortofrutticolo per conto del comune di Milano, per bieco interesse tollera una situazione completamente senza regole dove sono all’ordine del giorno caporalato, licenziamenti arbitrari, ritmi e carichi insostenibili, continue intimidazioni. Situazione in cui è avvenuto anche un attentato contro un delegato alla sicurezza. Stanchi di subire questo inferno (3), un gruppo di lavoratori (Movimento Autonomo Lavoratori Ortomercato) muove i primi passi attraverso volantini di denuncia, raccolta di firme, scioperi, attorno ai quali comincia a consolidarsi un tessuto sociale formato principalmente da altri lavoratori, studenti, compagni del movimento, sindacati di base (su tutti lo SLAI COBAS). Questo connubio di esperienze, sommato alla determinazione dei lavoratori, contribuisce a tenere alta l’attenzione sull’ortomercato con una serie di mobilitazioni che si susseguiranno fino all’estate 2008 (4). Aldilà dei risultati conseguiti (la situazione all’ortomercato è ancora gravissima) qualcosa comincia a muoversi. Va pian piano delineandosi la componente avversaria: un intreccio di multinazionali, cooperative fantasma, organizzazioni mafiose coperte dalle istituzioni a vari livelli. Parallelamente inizia a svilupparsi un embrione di movimento che coglie l’importanza della posta in gioco e la necessità di supportare nella pratica, e non di sostituire, proletari immigrati che di fronte al nulla da perdere optano decisamente verso la lotta. Anche perché altre situazioni simili stanno esplodendo: è il caso della DHL a Corteolona, una big della logistica internazionale che deve gli altissimi fatturati, alla faccia della crisi, all’utilizzo, tramite le solite cooperative, di manodopera sottopagata, vessata, ricattata, in questo caso con l’evidente complicità della CISL. Due scioperi con relativo blocco delle merci, hanno provocato la reazione di capetti, ruffiani, e sgherri del genere che con violenze e minacce tentano inutilmente di interrompere il picchetto. Anche alla DHL la partita è ancora aperta, ma la battaglia di Corteolona ha lanciato un sasso che verrà raccolto dagli operai della Bennet di Origgio. Come abbiamo detto, lì sappiamo com’è andata; ci interessa piuttosto fare alcune considerazioni. Quella che è scesa in campo è fondamentalmente una componente immigrata, un mosaico di culture, storie ed esperienze assai diverse: nordafricani, pakistani, srilankesi, rumeni, eritrei, sudamericani, ecc., di prima come di terza generazione, segnati da un’esistenza continuamente in bilico tra una pseudo-integrazione e la minaccia di espulsione, passando per l’internamento nei CIE. Molti di loro, fuori dalle dinamiche di partito o sindacato confederale, anzi constatatane la completa inutilità, hanno affidato le loro speranze alla lotta cercando e trovando una sponda sindacale e di movimento determinanti per la tenuta e la continuità di un cammino aspro, ma alla fine (l’unico) vincente. Inoltre, quello che va sedimentandosi è un movimento che tende ad allargarsi e a rafforzarsi ad ogni picchetto: una sorta di passaparola sotterraneo si alimenta da deposito a deposito, circola per le strade o sul web, man mano che le azioni di lotta costringono i padroni a trattare, o a fare concessioni. Così, se ad Origgio sono serviti 7 picchetti per conseguire risultati notevoli, viste le condizioni precedenti, agli operai della Fiege-Borruso di Brembio ne è bastato uno (si è concluso con una carica della celere con l’arresto di un sindacalista dello SLAI e di un operaio, subito rilasciati dopo un presidio di protesta), mentre alla Bennet di Turate è stata sufficiente la minaccia dello sciopero. E’ un dato di fatto che anche in altre cooperative della logistica cresce il numero di quelli che vogliono organizzarsi per difendere la propria dignità e i propri diritti, ma quello che più conta, è che tra mille difficoltà scelgono di farlo fuori da iniziative simboliche o di facciata, fuori da logiche caritatevoli o di rassegnazione. Hanno capito che per ottenere qualcosa bisogna far male ai padroni e stanno mirabilmente sperimentando come far male, tanto che i padroni se ne sono accorti e all’ultimo presidio: il 12 febbraio ci sono voluti un centinaio di sbirri per far passare i camion a scaricare le merci alla GLS di Cerro Lambro, poliziotti e carabinieri in tenuta anti-sommossa che non hanno esitato a caricare più volte gli operai per liberare il cancello dal blocco. Un innalzamento repressivo che seppure scontato, anche per le dimensioni della GLS, rappresenta un chiaro segnale per le mobilitazioni future (5). In questo contesto, dalle giornate di lotta a Brembio, c’è una decisa tendenza a strutturarsi in modo più stabile e permanente come comitato d’appoggio alle lotte nella logistica. Quella che segue è l’intervista ad un lavoratore di una cooperativa in appalto a un deposito di Turate.

Quali sono stati i passaggi decisivi della vostra lotta a Turate? Quali risultati avete ottenuto in concreto?

Dopo il licenziamento di un operaio per motivi futili, dal momento che c’erano già stati licenziamenti facili e tutti noi avevamo sfiducia nei sindacati confederali, questo ragazzo si è rivolto allo SLAI-COBAS. Avevamo saputo dell’esperienza di Origgio, un’esperienza vincente, quindi abbiamo continuato la solidarietà, iscrivendoci allo SLAI COBAS e con lo scopo di far rientrare il nostro compagno al lavoro. Eravamo stanchi di assistere al licenziamento di tanti nostri compagni senza poter fare niente, per i soliti motivi, ad esempio per aver tardato o prolungato la pausa di qualche minuto. Così abbiamo deciso di fermare questi licenziamenti facili e abbiamo iniziato le trattative; siamo entrati in stato di agitazione, ma ancor prima di fare lo sciopero l’azienda ha preferito trattare e abbiamo ottenuto il rientro di questo operaio. Altri tre operai licenziati ingiustamente si sono rivolti a noi e siamo riusciti a fare rientrare anche loro. Poi abbiamo deciso che non si poteva stare zitti sugli altri problemi che riguardavano la cooperativa: abbiamo cercato di ottenere più tutela economica, sulla sicurezza, sulla salute. Tra le altre cose, abbiamo mandato via un capetto che trattava le persone con linguaggio offensivo e maleducato, una volta ci siamo fermati tutti costringendo la cooperativa ad allontanarlo altrove, visto che maltrattava gli operai. Sono piccole vittorie che ci hanno spinto ad andare avanti per cercare di tutelarci anche su altre cose, come fare chiarezza sulla busta paga: tra operai si è visto che non pagavano tutte le ore, o le malattie, quindi anche su questo ci siamo mossi per fare qualcosa, per mettere a posto le cose come dovevano essere, abbiamo deciso di affrontarle tutti uniti. Come hai sottolineato prima, gli scioperi e i picchetti alla Bennet di Origgio si sono dimostrati un’arma vincente.

Credi che abbiano influito sulle lotte che sono seguite a Turate, a Brembio, a Cerro Lambro, ecc?

Noi siamo venuti a sapere di Origgio innanzitutto perché geograficamente è vicino a Turate, circa 5 km, poi anche perché trovandosi tra amici si parla, ci si racconta come vanno le cose; quando da noi ci sono stati dei problemi abbiamo cercato di capire quale fosse il sindacato giusto. Abbiamo guardato anche su internet e c’era l’esperienza di Origgio, così abbiamo contattato quei ragazzi che ci hanno spiegato quante cose erano cambiate da loro. Quando gli abbiamo raccontato la nostra situazione, ci hanno detto che anche da loro era così, ma che sono riusciti a cambiarla: questo è stato importante per farci capire che eravamo sulla strada giusta. Quegli scioperi sono serviti, eccome. Sono serviti per svelare lo sfruttamento che c’è nelle cooperative (molti dicono: “io non sapevo che lì succedessero queste cose, pensavo che andasse tutto bene...”). Questi scioperi sono un’opportunità per gli operai a dire le cose come stanno realmente, a denunciare le irregolarità, le illegalità, lo sfruttamento, e soprattutto a creare solidarietà da parte di altri lavoratori.

Che idea ti sei fatto della CGIL, visto il suo doppio ruolo: formalmente a difesa dei lavoratori, in realtà in diversi casi a capo delle cooperative dove si lavorava a condizioni disumane?

E sull’attività sindacale in genere? Basti pensare che il presidente della nostra cooperativa è un’ex sindacalista della CGIL: come si fa ad andare a chiedere alla CGIL di far rispettare i nostri diritti quando chi li calpesta è uno di loro? Io lavoro lì da quasi tre anni; lavoratori che ci sono da più anni di me mi hanno raccontato che quando si sono rivolti alla CGIL (o a CISL e UIL) per le trattative, si creava subito amicizia tra loro e i dirigenti. Il presidente, i capi, e all’interno non cambiava mai niente; quindi hanno perso fiducia in questo sindacato, lo considerano la mano destra del padrone. Per questo per molto tempo siamo stati lontani da CGIL, CISL e UIL, perché sappiamo che anche se vengono non cambiano niente. Invece, dopo aver visto l’esperienza vincente di Origgio ci siamo detti: forse c’è un altro tipo di sindacato in Italia che può aiutarci ad uscire dai nostri problemi. Da allora posso dire che fare attività sindacale aiuta moltissimo, a cominciare dalla giusta retribuzione, perché sei di fronte ad una paga misera rispetto al costo reale della vita. Ma non è solo un problema economico, è anche un problema di dignità della vita: come operaio vali un po’ di più, non vieni maltrattato come prima. Anche sul piano della salute non permettiamo più che si facciano turni insostenibili o lavori molto pesanti o ad una certa velocità. L’attività sindacale aiuta anche come informazione perché tanti lavoratori non conoscono i propri diritti. Quando tu non sai i tuoi diritti, non li chiedi. Incontrandoti con altre realtà in lotta, altri operai che fanno già questa attività sindacale, conosci i tuoi diritti e li puoi rivendicare. Personalmente abbiamo partecipato ad alcuni dei recenti scioperi e abbiamo constatato l‘efficacia dei picchetti per raggiungere gli obbiettivi della lotta.

Ci puoi parlare dei momenti di lotta che non vediamo, quelli che avvengono all’interno del posto di lavoro?

Oltre alle lotte all’esterno, c’è innanzitutto una lotta che ogni lavoratore anche individualmente deve fare all’interno: deve rifiutare di essere maltrattato, di vendere la propria salute e la propria dignità. Ci sono lavoratori che sono ricattati e purtroppo sono costretti a vendere la propria salute e dignità. Abbiamo cercato di far capire che dignità e salute non sono in vendita. Questo lo facciamo ogni giorno all’interno del posto di lavoro perché alcuni lavoratori hanno paura, hanno bisogno di fiducia. Ad esempio, per fare fronte ai lavori e ai turni insostenibili abbiamo creato una commissione formata da un lavoratore per ogni reparto in cui si parla di che cosa si può fare per evitare di rovinare la salute con un dato tipo di lavoro: sappiamo che se è fatto in un certo modo non danneggia la salute. Nella commissione gli operai danno un’opinione su come va svolto il lavoro: rotazioni per certe attività e disponibilità di lavoratori a sostituirne altri per non fare troppi straordinari che sono massacranti. Rispetto al rapporto con i cosiddetti responsabili (capetti) abbiamo ribadito la nostra ferma opinione: non si grida più perché non siamo degli animali. Se ci sono dei problemi se ne discute, si parla. Se un responsabile grida o usa un linguaggio offensivo, viene subito fermato fino al punto di organizzare uno sciopero. Anche se per adesso non è stato necessario perché i responsabili hanno abbassato la cresta. Sempre ai picchetti, non è passato inosservato il fatto che la stragrande maggioranza dei lavoratori coinvolti è immigrata. Credi che le modalità e gli obbiettivi delle lotte in corso nella logistica abbiano unito i lavoratori o prevale comunque la comunità di appartenenza? I nostri obbiettivi cerchiamo di raggiungerli tutti insieme, a prescindere dalla razza o dalla religione. I padroni, i capi, cercano di dividere i lavoratori perché hanno paura dell’unità tra gli operai. La conflittualità tra di noi crea debolezza, si crea la cosiddetta guerra tra poveri: facciamo la guerra tra di noi e loro ci sfruttano come vogliono. Grazie a queste lotte abbiamo capito che la divisione non fa altro che indebolirci, ci fa fare passi indietro, peggiora ulteriormente le nostre condizioni.

Per molti immigrati la questione del lavoro è strettamente legata al permesso di soggiorno: questa realtà fa affiorare situazioni limite, come la rivolta dei braccianti di Rosarno, o le centinaia di immigrati non in regola rinchiusi nei lager conosciuti come CIE. Quali sono le vostre riflessioni in proposito?

Di questo livello parliamo poco, è un problema politico più che sindacale. Queste cose, se da una parte ci rendono tristi, dall’altra ci danno anche coraggio. Vedere la situazione di operai come a Rosarno, situazione dove ci sono solo doveri e non diritti ci rende coraggiosi; vuol dire che dobbiamo lottare, pretendere il rispetto dei nostri diritti, informarci ancora di più per non trovarci anche noi a quei livelli. Le cose che facciamo qui le facciamo anche per la società in generale, non si devono verificare un giorno situazioni del genere anche in Lombardia solo perché siamo stati zitti. Vorrei concludere con una domanda un po’ personale. Tu sei in Italia ormai da diversi anni, ma ti chiedo se ti ricordi qualche esperienza di lotta vissuta direttamente o indirettamente nel tuo paese di origine, il Marocco, e le differenze che hai riscontrato rispetto all’Italia… Mi ricordo, per esempio, di quando ero all’università: gli studenti si riunivano, cercavano di organizzare delle lotte. Lì ho cominciato a capire che l’essere umano deve avere degli obbiettivi, dei valori per cui vale la pena vivere, per cui vale la pena combattere e alzare la voce. Non solo nella singola realtà, ma anche a livello nazionale ed internazionale. Ho visto ad esempio le manifestazioni che ci sono state dopo l’invasione del Kosovo, o le manifestazioni che ci sono state durante le guerre in Palestina o in Iraq e questo ti rimane dentro: che ne vale la pena denunciare queste realtà. A differenza che qui in Italia, però ho anche visto che da noi le lotte vengono represse molto duramente. Nelle manifestazioni sparano i proiettili di gomma e anche dopo che sono finite, compiono arresti casa per casa alla ricerca dei più attivi, anche se non hanno partecipato a quelle manifestazioni. Ad ogni modo le lotte ci sono anche lì e fanno quel che possono per cambiare lo stato di cose. Ultimamente ho sentito dire che c’è più democrazia anche in quei paesi, io lo spero. Ogni cittadino deve avere il diritto di esprimere la sua opinione. Se tutti noi abbiamo sempre la stessa opinione la vita è brutta…

Note: (1) Senza contare i micro-episodi per cui molti lavoratori si sono rivolti ai sindacati confederali, senza ottenere alcun risultato rispetto a rivendicazioni anche minime.
(2) Rimandiamo al numero successivo un’analisi più dettagliata sulle cooperative della logistica lombarda, i loro rapporti con le grandi aziende multinazionali del settore, gli intrecci con le organizzazioni mafiose che controllano il territorio.
(3) I lavoratori dell’ortomercato da tempo denunciavano i gravi problemi legati alla sicurezza, culminati nella morte di un operatore tranciato da un camion il 15 luglio 2005.
(4) Da segnalare la produzione di un video autoprodotto, dal titolo “Società alla frutta”, che ripercorre lo sciopero dei lavoratori dell‘ortomercato del 7 ottobre 2007. Sulla vicenda dell’ortomercato sono seguite nel 2008 due interrogazioni parlamentari, un’interpellanza in consiglio regionale, una in consiglio comunale, ma come era prevedibile non è cambiato nulla. (5) Per i dettagli sulle agitazioni a Turate, Brembio, Cerro Lambro si può consultare il sito dello SLAI COBAS MILANO, all’indirizzo.

domenica 14 marzo 2010

riunione cittadina al CSA Vittoria per giovedì 18/03/2010 ore 21.30

Il comitato di lotta e solidarietà con i lavoratori delle cooperative della logistica promuove per GIOVEDI' 18 MARZO alle ore 21,30 al CSA Vittoria una riunione di confronto con le altre situazioni di lotta presenti nelle fabbriche e nel territorio.
Crediamo sia oggi imprescindibile la condivisione delle esperienze di conflitto reale tanto per far emergere un punto di vista di classe rispetto alla crisi del sistema economico/societario capitalista, quanto per sviluppare percorsi unitari di lotta e solidarietà contro questo epocale attacco frontale ai diritti e alle tutele dei lavoratori e delle lavoratrici con l'imposizione di livelli di precarietà e di sfruttamento sempre maggiori.
Alla riunione saranno proposti altri momenti d'incontro e di mobilitazione.

Giovedi 18 marzo alle ore 21,30 riunione cittadina al CSA Vittoria
via Friuli ang. via Muratori - Milano

venerdì 12 marzo 2010

Sabato 20 Corteo contro la speculazione del piano Alfa.

SABATO 20 MARZO – ORE 10 – PORTINERIA CENTRALE ALFA ROMEO ARESEMANIFESTAZIONE E A SEGUIRE CONCERTI E SPETTACOLI-


Contro la chiusura delle ultime lavorazioni alfa- Contro i trasferimenti a Torino imposti ai lavoratori Fiat ePowertrain (motori) Per il reintegro immediato dei rappresentanti sindacali licenziati da Innova Service.- Per un piano di rilancio industriale e occupazionale dell’area AlfaRomeo.- Contro il mega centro commerciale di Marco Brunelli, proprietario di “I lunga”, che si vorrebbe costruire nell’area e per conservare i centri storici e gli esercizi di vicinato.- Contro la tangenzialina Alfa-Expo, gli alberghi e i parcheggi di Expo e per nuovi investimenti sulla mobilità pubblica.- Contro il saccheggio del territorio in difesa dei beni comuni e della qualità della vita.La Giunta Regionale di Formigoni ha approvato il protocollo d’intesa per trasformare l’area dell’Alfa Romeo in una gigantesca speculazione edilizia, che prevede un mega centro commerciale con parcheggio da 1000 posti nell’area di proprietà del Comune di Arese (ex Ancifap), alberghi inutili, e villette che andranno a costruirsi la dove la Fiat intende disfarsi delle ultime lavorazioni e operai del centro stile, collaudo motori,progettazione e varie officine.Viceversa Per i lavoratori di Fiat e delle aziende collegate è prevista la definitiva chiusura e il trasferimento forzato a Torino o il licenziamento e non si destina nemmeno un euro di finanziamento per l’occupazione. Per quella parte dell’area, che per il momento rimarrebbe industriale, manca un progetto di rilancio produttivo, così che non è difficile immaginare che in una successiva fase sia anch’essa destinata alla speculazione edilizia.Lo smantellamento progressivo dell’Alfa Romeo negli ultimi 15 anni è stato sostenuto da Formigoni con false promesse di un rilancio incentrato sull’auto ecologica, la mobilità sostenibile e l’innovazione tecnologica.Oggi, però nei fatti, e con la sua complicità si prospetta un azzeramento della produzione e dell’occupazione, scegliendo la via più immediatamente redditizia per i proprietari dell’area, ma che impoverirà nel corso deglianni un territorio che rischia di perdere per sempre la propria vocazione produttiva. Per perseguire il proprio fine i proprietari delle aree non usano mezzi termini, basta guardare i licenziamenti e le schedature dei rappresentanti sindacali messi in atto con metodi inquietanti da InnovaService, società che gestisce le portinerie, che devono essere un campanello d’allarme per il rischio di una svolta antidemocratica e criminale nella gestione dell’affare Alfa.Nel frattempo i Sindaci di Arese, Rho, Lainate e Garbagnate del tutto disinteressati del problema occupazionale, litigano per accaparrarsi gli oneri di urbanizzazione perdendo di vista che il Piano Alfa è una sciagura che non avrà mai adeguata compensazione.Così come non sarebbero mai economicamente compensabili il verde e i terreni agricoli devastati dalla nuova tangenzialina che dovrebbe unire l’Alfa e i parcheggi di Expo con l’autostrada all’altezza di Terrazzano accanto alla Fiera. Una strada inutile per i cittadini, che peggiorerebbe le condizioni ambientali e la qualità della vita di chi abita in questo territorio già fin troppo densamente urbanizzato e cementificato.L’amministrazione di Rho intanto chiede fondi da destinare ai commercianti, in previsione di una chiusura generalizzata dei negozi di un centro storico che rischia di perdere la propria anima e di essere svuotato in funzione dell’ennesimo “non luogo” che i centri commerciali rappresentano, quasi a preparare un nuovo ammortizzatore sociale per ammansire la categoria che dopo gli operai sarà destinata a lottare persopravvivere.Prima che anche i consigli comunali di Arese, Rho, Lainate e Garbagnate approvino il Piano Alfa, i lavoratori, i commercianti e i cittadini devono fare capire ai Sindaci che questo piano va bocciato, che non sono credibili mitigazioni ambientali e compensazioni economiche, ma che serve un piano industriale che rilanci l’occupazione e l’economia della zona nel rispetto dell’ambiente e nella salvaguardia del territorio e dei beni comuni per costruire un’ altro modello sociale che non porti alla distruzione della natura e dell’uomo.


Coordinamento Territoriale Rhodense:

Centro Sociale Fornace, Cub Rho, FlmUniti Cub Alfa Romeo, Slai Cobas Rho, La Spinta Rho, Slai Cobas Alfa Romeo,Rifondazione Comunista Rho, Comunisti Sinistra Popolare Rho Bollate,Comunisti Uniti Rho, Collettivo Oltre il Ponte Nerviano, Sinistra CriticaRho Bollate, Gruppo Consiliare Regionale Prc

lunedì 8 marzo 2010

PER UN’ALTRA NERVIANO,PER I NOSTRI DIRITTI!


Ed è così che la Corte Popolare Occupata è stata sgomberata, con un dispiegamento di forze dell’ordine senza precedenti a Nerviano e degno dei peggiori criminali. Con la forza è stato chiuso uno spazio sociale nato per denunciare la mancanza di strutture pubbliche di aggregazione giovanile, di socializzazione, di libera espressione culturale, di crescita e di confronto.
Da quasi quattro anni il Collettivo Oltre il Ponte lavora sul territorio comunale per promuovere iniziative di carattere culturale e sociale, dimostrando di saper coinvolgere numerose persone e valorizzare giovani potenzialità.

Abbiamo più volte espresso il bisogno di spazi sociali pubblici, esprimendo una necessità condivisa da numerosissimi cittadini e giovani nervianesi. Abbiamo dato vita ad uno straordinario esempio di partecipazione collettiva, la Corte Popolare Autogestita di Garbatola: laboratorio culturale in cui abbiamo promosso giovani artisti presenti sul territorio, organizzato mostre, presentazioni di libri e concerti dal vivo; abbiamo parlato di acqua come bene pubblico; siamo stati accanto alle lavoratrici e ai lavoratori delle fabbriche che, sempre più numerose, stanno chiudendo sul nostro territorio; abbiamo parlato di diritti delle donne, dei migranti, dei soggetti deboli organizzando diversi dibattiti pubblici e assemblee; abbiamo supportato studenti delle scuole medie e superiori; abbiamo organizzato iniziative contro il consumo di territorio e la sua cementificazione (cosa che, purtroppo, coinvolge anche il territorio di Nerviano).

Nonostante tutto ciò, l’attuale Amministrazione comunale ha deciso di proseguire sulla strada delle precedenti amministrazioni, dimostrandosi lontana dai bisogni dei cittadini. Questo nonostante Nerviano e le sue frazioni si stiano trasformando in quartieri dormitorio; nonostante i giovani siano costretti a rifugiarsi nei bar e a perdere ogni senso di appartenenza alla collettività; nonostante le promesse fatte in campagna elettorale.
Tuttavia, con la forza non hanno cancellato le nostre idee e la nostra volontà di batterci per una Nerviano diversa e per i nostri diritti.

NON CHIEDIAMO UNA SEDE PRIVATA AD USO ESCLUSIVO, COME MOLTI SOSTENGONO PER NON VOLER AFFRONTARE LA PROBLEMATICA.
CHIEDIAMO UNO SPAZIO SOCIALE PUBBLICO APERTO ALLA COLLETTIVITA’ TUTTA!

SABATO 13 MARZO
A partire dalla ore 15.00 in piazza Vittoria a Nerviano si alterneranno per tutto il pomeriggio musicisti, giocolieri, cabarettisti e molti altri artisti di vario genere per sostenere la lotta del collettivo Oltreilponte e per continuare a denunciare la mancanza di spazi sociali sul nostro territorio.
VI ASPETTIAMO!

Collettivo Oltre il Ponte
collettivoltreilponte@yahoo.it
http://www.collettivoltreilponte.it

domenica 7 marzo 2010

Sciopero 3 alla GLS di Cerro al Lambro

La lotta dei lavoratori non si ferma.

Venerdì 5/3/2010 ore 20.00.

Dopo le violenti cariche del 12 febbraio, i lavoratori della Cooperativa Papavero che gestisce la movimentazione delle merci nei capannoni dello spedizioniere Gls di Cerro al Lambro, hanno deciso di scendere ancora in sciopero per migliori condizioni di lavoro, per il reintegro di un lavoratore licenziato e per il riconoscimento della loro rappresentanza sindacale Slai Cobas.Appena il corteo di un centinaio di compagni e compagne è arrivato nella piazza antistante l'intero comprensorio industriale, un forte contingente di polizia e carabinieri ha fronteggiato i lavoratori spintonandoli per fermare il tentativo di bloccare la piazza.I lavoratori che dopo le ultime cariche avevano deciso tutti di indossare i caschetti protettivi, hanno cercato di resistere al tentativo di accerchiamento fino a bloccare la strada, sedendosi per terra.Dopo aver visto che la polizia dirottava i camion sul prato per saltare il blocco, si è partiti con un corteo che ha attraversato le vie di Cerro al Lambro.A questo sciopero erano presenti i lavoratori di altre cooperative venuti a portare la loro solidarietà capendo che la GLS, contando sull'appoggio dei sindacati confederali, vuole piegare la lotta di questi lavoratori come segnale tutto politico di come repressione e concertazione siano gli unici strumenti per affrontare il conflitto sociale, le relazioni sindacali e il rapporto tra padroni e le lotte.Ma i lavoratori non si piegano la lotta continua.
Venerdì 5/3/2010 ore 20.00 i lavoratori della cooperativa Papavero alla GLS di Cerro Al Lambro.

Tutti i video inseriti:

http://www.youtube.com/watch?v=Ve_WYnlfnzg
http://www.youtube.com/watch?v=vz1jEqCfEK8
http://www.youtube.com/watch?v=UGcCsh9R8xQ
http://www.youtube.com/watch?v=oLCCLqdDu_c

[a cura di SLAI Cobas Coordinamento Provinciale di Cremona]

sabato 6 marzo 2010

GLS(CERRO AL LAMBRO) / COOP. PAPAVERO ATTO III°

Se lo tsunami ha la caratteristica di un intenso ma breve movimento, il comitato
di lotta milanese a difesa dei diritti dei lavoratori contro le truffaldine
cooperative(ma non solo), assume sempre più aspetti da fiume carsico che
scavando si ingrandisce. A nulla serve l'ostacolo della putrida e parassita
sbirraglia "romana"(o forze dell'ordine statale) che lega nord, popolo delle
libertà e stato corrotto del malaffare, stanno frapponendo a masse di società
precaria sempre più in rivolta.

I lavoratori della GLS di Cerro al Lambro si ergono ancora una volta ad autentici
protagonisti di questa coda di inverno caldo. E il segno zodiacale di ognuno di
loro è quello delle guerre per lunghi anni combattute nei rispettivi paesi
d'origine e quindi, sotto il profilo della tempra c'è l'inossidabilità.
Se è vero che parte degli obbiettivi sono già stati raggiunti con i primi due
scioperi, dopo un deprimente tentativo d'intromissione di Cisl e Uil, i
lavoratori rivendicano quanto ancora è rimasto in sospeso rispetto alla
piattaforma iniziale: indennità di mensa(5,16 euro al giorno), rientro dei
licenziati e riconoscimento della loro organizzazione sindacale Slai-Cobas.
Ed è una miscela speciale, quella che si va sempre più formando davanti ai cancelli GLS, fatta
dall'unione di vari colori di pelle messi insieme:

è il fluido che vuole abbattere tutte le "Vie Padova" costruite ad hoc dal
potere mafioso, per avere manodopera a basso costo, sempre pronta da
sfruttare e da mettere l'una contro l'altra etnia.

Anche i lavoratori della Papavero partecipano allo sciopero del 1° Marzo con forte
spirito di orgoglio nella lotta e con il sogno di un futuro di dignità e civiltà
Nel cortocircuito dell'illegalità perpetrata per anni in GLS, fa nuovamente tappa
a Cerro al Lambro la straordinaria forza motrice della solidarietà che
contraddistingue il comitato di lotta milanese, nel quale fa da bussola il
protagonismo operaio lungo le tipiche coordinate di salari, diritti e condizioni
lavorative da esseri umani, non da schiavismo.

A GLS, Angelucci & C. e contro lo stato rivolgiamo il potente faro della pubblica
indignazione per il costante e consistente presidio di sbirri che hanno stabilito
davanti i cancelli GLS, come neanche fosse la banca d' italia. Tutti chiediamo
conto del prezzo che i cittadini stanno pagando per questo festival dello
spreco.

LA LOTTA PAGA!!
RIBELLARSI È GIUSTO, SCIOPERARE È NECESSARIO!
Milano, 01 marzo 2010

slaicobas.trasporti@tiscali.it slaicobascremona@gmail.com

giovedì 4 marzo 2010

Licenziamenti, via libera del Senato alla legge che aggira l'art. 18

da infoaut

Sono passati 8 anni dallo scontro sull’art.18, ovvero quella norma dello Statuto dei Lavoratori che prevede il reintegro del lavoratore licenziato senza giusta causa nelle aziende con più di 15 dipendenti. Oggi si ripresenta lo stesso attacco, ma questa volta in maniera indiretta, eppure probabilmente più invasiva, arrivando di fatto a smantellare le tutele contro gli ingiusti licenziamenti.
Il Senato ha infatti dato il via libera all'articolo 31 del disegno di legge, collegato alla Finanziaria, che contiene la norma sull'arbitrato e la conciliazione. Il ddl è stato poi approvato in via definitiva da Palazzo Madama ed è dunque divenuto da oggi norma di legge.
Tale legge mira a svuotare dall'interno l'impianto normativo di tutela, aggira l’articolo 18, liquida la "giusta causa" nei licenziamenti, rende non più impugnabili le deroghe a leggi e contratti collettivi, impone, nei fatti, l’arbitrato, aprendo una voragine che porta dritto al contratto individuale.
Già nel contratto di assunzione, anche in deroga ai contratti collettivi, potrebbe infatti essere stabilito (con la cosiddetta clausola compromissoria) che in caso di contrasto le parti si affideranno a un arbitro, che giudicherà "secondo equità". Cosa, quest'ultima, che implica la possibilità di bypassare diritti come l'articolo 18, da una parte, ma anche come le retribuzioni o le ferie. Un simile accordo può essere stretto anche in corso di rapporto di lavoro e il giudizio dell'arbitro sarà impugnabile esclusivamente per vizi procedurali.
E così, mentre il teatrino della politica vede in queste ore contrapporsi da una parte un Sacconi che dichiara che queste erano norme che facevano parte della stesura originaria della legge Biagi (cosa assai probabile), e accusa l'opposizione di non aver mosso un dito nei due anni di iter parlamentare della legge, e dall'altra una sinistra (ed un sindacato) che neanche su temi su cui solo 8 anni fa riusciva ancora a smuovere milioni di lavoratori riesce a trovare risposte immediate e forti, si decreta un' ulteriore subordinazione del lavoratore all'impresa. Da un lato, con il contratto individuale che diventa sempre più "la norma", si sancisce l'ulteriore frammentazione del lavoratore-classe, che viene lasciato sempre più solo nella "libera" dinamica dei rapporti di forza con il datore di lavoro, dall'altra tutto ciò è reso possibile e viene disposto già dall'assunzione, che sappiamo bene essere il momento di maggior debolezza negoziale, tanto più in tempo di crisi.

martedì 2 marzo 2010

Report sulla manifestazione del 1° marzo in via Padova

OGNI GIORNO È IL 1°MARZOBREVE REPORT SULLA MANIFESTAZIONE:1° MARZO IN VIA PADOVA A MILANO
Alle 16.00 nel parchetto di via dei Transiti luogo del concentramentoc'erano già una ventina di lavoratori immigrati in attesa della partenzadella manifestazione.Si cominciava a vedere la consistenza se non numerica ma di qualitàdell'iniziativa .Un'iniziativa che partiva dai posti di lavoro tra i meno pacificati, anzidove il conflitto è ai massimi livelli:le cooperative.Alle 17.30 almeno 200 persone di tutti i colori del mondo cominciavano lamarcia su quel territorio topico che è via Padova a Milano.Si comincia a percepire che ce la possiamo fare, le persone suimarciapiedi, gli abitanti del quartiere più militarizzato di Milanorispondono positivamente al passaggio del corteo. Decine e decine dipersone ne confluiscono.Donne, uomini e bambini si uniscono.Dovunque ci sono capannelli, la rabbia degli abitanti contro la polizia, sitaglia con il coltello. Non a caso lo slogan più gettonato è stato “via lapolizia dal nostro quartiere”.Infine oltre 500 persone hanno sfilato dietro i lavoratori in lotta dellecooperative, le uniche bandiere erano quelle di riferimento dei lavoratoridella Bennett, di Brembio di Cerro al Lambro, di Origgio e Turate,lo SLAICOBAS.Proprio perché oggi non era solo una giornata “vacanziera”, ma una giornatadi lotta, il corteo si sarebbe dovuto trasferire a Cerro al Lambro perdare man forte ai lavoratori della GLS. Iniziativa purtroppo rimandata,dato l’ingente spiegamento della polizia dentro e fuori i capannoni.
Questa è solo una tappa…

OGNI GIORNO È IL 1°MARZO

video del corteo:
http://www.youtube.com/watch?v=h9KfV7xOL4Q&feature=player_embedded