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giovedì 4 marzo 2010

Licenziamenti, via libera del Senato alla legge che aggira l'art. 18

da infoaut

Sono passati 8 anni dallo scontro sull’art.18, ovvero quella norma dello Statuto dei Lavoratori che prevede il reintegro del lavoratore licenziato senza giusta causa nelle aziende con più di 15 dipendenti. Oggi si ripresenta lo stesso attacco, ma questa volta in maniera indiretta, eppure probabilmente più invasiva, arrivando di fatto a smantellare le tutele contro gli ingiusti licenziamenti.
Il Senato ha infatti dato il via libera all'articolo 31 del disegno di legge, collegato alla Finanziaria, che contiene la norma sull'arbitrato e la conciliazione. Il ddl è stato poi approvato in via definitiva da Palazzo Madama ed è dunque divenuto da oggi norma di legge.
Tale legge mira a svuotare dall'interno l'impianto normativo di tutela, aggira l’articolo 18, liquida la "giusta causa" nei licenziamenti, rende non più impugnabili le deroghe a leggi e contratti collettivi, impone, nei fatti, l’arbitrato, aprendo una voragine che porta dritto al contratto individuale.
Già nel contratto di assunzione, anche in deroga ai contratti collettivi, potrebbe infatti essere stabilito (con la cosiddetta clausola compromissoria) che in caso di contrasto le parti si affideranno a un arbitro, che giudicherà "secondo equità". Cosa, quest'ultima, che implica la possibilità di bypassare diritti come l'articolo 18, da una parte, ma anche come le retribuzioni o le ferie. Un simile accordo può essere stretto anche in corso di rapporto di lavoro e il giudizio dell'arbitro sarà impugnabile esclusivamente per vizi procedurali.
E così, mentre il teatrino della politica vede in queste ore contrapporsi da una parte un Sacconi che dichiara che queste erano norme che facevano parte della stesura originaria della legge Biagi (cosa assai probabile), e accusa l'opposizione di non aver mosso un dito nei due anni di iter parlamentare della legge, e dall'altra una sinistra (ed un sindacato) che neanche su temi su cui solo 8 anni fa riusciva ancora a smuovere milioni di lavoratori riesce a trovare risposte immediate e forti, si decreta un' ulteriore subordinazione del lavoratore all'impresa. Da un lato, con il contratto individuale che diventa sempre più "la norma", si sancisce l'ulteriore frammentazione del lavoratore-classe, che viene lasciato sempre più solo nella "libera" dinamica dei rapporti di forza con il datore di lavoro, dall'altra tutto ciò è reso possibile e viene disposto già dall'assunzione, che sappiamo bene essere il momento di maggior debolezza negoziale, tanto più in tempo di crisi.

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