Martedì 14-07-2009 i delegati della cooperativa T.I.M.E. Service della Bennet di Turate (CO) hanno siglato un accordo di grande rilevanza.
Questi lavoratori, seguendo l’esempio di quelli della Leonardo e Giava presenti alla Bennet di Origgio, hanno voluto con determinazione questo accordo che parifica le loro condizioni economiche ai loro compagni di Origgio.
È un accordo votato all’unanimità da una novantina di lavoratori in assemblea e che nella sostanza mette ne lle tasche dei lavoratori una cifra che varia dai 270 a 310 euro, il rientro in azienda di 4 lavoratori licenziati (il primo come pregiudiziale alla trattativa, 2 licenziati 3 mesi prima, il quarto 8 mesi fa) e soprattutto da fiducia
nella loro forza, se questa viene organizzata come è stato in questa situazione.
La piattaforma era stata ottenuta dopo aver minacciato lo stato di agitazione.
Mercoledì, giorno di paga, quelli del turno di notte , però, hanno incrociato le braccia perché la busta paga non corrispondeva in qualche punto a ciò che avevamo stabilito in sede di accordo.
Giovedì pomeriggio, chiariti i dissensi e disposto una verifica delle buste paga,si è conclusa questa trattativa e fase di lotta.
Uno, dieci, cento Origgio , avevamo intitolato un nostro volantino e così procediamo nella strada tracciata dalla lotta di Origgio e della DHL di Corteolona.
Un percorso difficile visto che operiamo in un settore, quello delle cooperative, dove sono presenti soggetti padronali molte volte attigui a settori della malavita , se non addirittura essi stessi malavitosi che riciclano il denaro sporco facendo affari d’oro.
Si deve sapere, tanto per fare un esempio, che le cooperative operanti prima del 27 giugno 2002, applicano una gradualità d’aumenti sui vari istituti che parte dal 20% e quasi tutte le cooperative, con la complicità dei sindacati confederali, applicano questo metodo, anche se nella maggioranza sono sorte successivamente a quella data.
E’ un sistema funzionale alle stesse aziende committenti, dove i lavoratori percepiscono salari paragonabili a quelli di un metalmeccanico se fanno tanti straordinari, spostano duecento colli di venti chili all’ora, fanno turni massacranti, lavorano in condizioni ambientali difficilissime se non proibitive e subiscono ricatti schifosi, perché sono nella stragrande maggioranza proletari immigrati.
La lotta, però, risveglia le loro coscienze e l’esperienza che stiamo facendo dimostra quale potenziale potranno esprimere, nella misura che prenderanno sulle loro spalle la responsabilità politica di essere una classe che lotta per sé.
In questa lotta una parte di essi ha compreso l’importanza dell’unità che debbono mettere in campo e soprattutto capito che la lotta va estesa ad altri magazzini, collegata ai lavoratori di altri settori e combattuta, sui temi che li riguardano, contro padroni e loro governi.
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