La crisi della finanza speculativa e il suo progredire, che si sono evidenziati in questi ultimi anni, mostrano come il modo di produzione capitalistico nel suo complesso stia evidenziando i propri limiti intrinsechi, e di come l’analisi marxista/marxiana, da molti ritenuta antiquata, oggi sia estremamente attuale a tal punto che gli stessi economisti schierati su posizioni antitetiche a quelle dell’intellettuale tedesco dell’ottocento la stanno riscoprendo.
Un approccio corretto per comprendere il portato della crisi in atto impone di considerare gli andamenti ciclici del capitale. Occorre infatti ricordare che la curva economica dell’attuale modo di produzione - considerata sul lunghissimo periodo - inizialmente è sempre positiva potendo contare, per i suoi caratteri ancora indeterminati, sulla costruzione progressiva di mercati e sullo sfruttamento di lavoro e risorse.
La produzione aumenta a ritmi sempre più elevati e i margini di ricchezza (anche da ridistribuire parzialmente) sono quindi in crescita esponenziale.
Ma, a un determinato momento, si arriva al punto di inversione (o di rottura) della curva ove si cominciano a delineare i limiti del sistema e la produzione a livello mondiale aumenta in misura ridotta fino ad arrivare alla rottura o quasi del meccanismo. Così è stato in tutte le fasi di lungo periodo e da ognuna ne è scaturita una distruzione di gran parte delle basi su cui si fonda il modello, per poi ricominciare con un nuovo ciclo (esempi classici: la crisi del '29 e la seconda guerra mondiale).
Occorre inoltre considerare i vari cicli congiunturali di crescita e decrescita all’interno della curva generale. Infatti all’interno di quest’ultima ci sono momenti di crescita e decrescita parziale di breve durata (qualche anno di solito), ma la specificità congiunturale deve sempre considerarsi all’interno della curva generale per non perdere di vista la realtà complessiva.
Un approccio corretto per comprendere il portato della crisi in atto impone di considerare gli andamenti ciclici del capitale. Occorre infatti ricordare che la curva economica dell’attuale modo di produzione - considerata sul lunghissimo periodo - inizialmente è sempre positiva potendo contare, per i suoi caratteri ancora indeterminati, sulla costruzione progressiva di mercati e sullo sfruttamento di lavoro e risorse.
La produzione aumenta a ritmi sempre più elevati e i margini di ricchezza (anche da ridistribuire parzialmente) sono quindi in crescita esponenziale.
Ma, a un determinato momento, si arriva al punto di inversione (o di rottura) della curva ove si cominciano a delineare i limiti del sistema e la produzione a livello mondiale aumenta in misura ridotta fino ad arrivare alla rottura o quasi del meccanismo. Così è stato in tutte le fasi di lungo periodo e da ognuna ne è scaturita una distruzione di gran parte delle basi su cui si fonda il modello, per poi ricominciare con un nuovo ciclo (esempi classici: la crisi del '29 e la seconda guerra mondiale).
Occorre inoltre considerare i vari cicli congiunturali di crescita e decrescita all’interno della curva generale. Infatti all’interno di quest’ultima ci sono momenti di crescita e decrescita parziale di breve durata (qualche anno di solito), ma la specificità congiunturale deve sempre considerarsi all’interno della curva generale per non perdere di vista la realtà complessiva.
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